L’unico governo

L’unico governo necessario è (quasi) impossibile

Qualche modesto commento al blog odierno di Paolo Flores D’Arcais

Il boss della Lega Salvini ha deciso di far dimettere il governo Salvini-uno, governo pre-fascista ma di coalizione, per sostituirlo con il governo Salvini-due. Il boss pre-fascista ha spiegato il perché con spudorata onestà e smargiassa chiarezza: per i prossimi cinque anni vuole pieni poteri. Tutti per lui, senza ulteriori mezzadrie, neppure con tappetini alla Di Maio. Ovviamente, Salvini sa bene che i pieni poteri sono incompatibili con la democrazia, ma per lui la democrazia è un inutile orpello, e ormai lo dice senza vergogna.

Di fronte a tanta arroganza, cominciano a preoccuparsi anche politicanti e penne d’establishment che fino a oggi ingiuriavano di estremismo chi bollava Salvini di pre-fascismo (e ieri chi “demonizzava” Berlusconi, del resto). Sarebbe bene precisare cosa s’intende per estabilishment, perché a questo punto non è più chiaro. In questo momento, l’estabilishment è Salvini stesso, ma forse P.F.D’A. vuole ironicamente riferirsi al PD o al Corriere della Sera. E forse neppure ironicamente. Non lo assale il dubbio di segnare un autogol?

Ma cosa sanno proporre questi maghi di Realpolitik per “fermare i barbari”? Trasfusioni di sangue per bloccare Dracula! Accrocchi partitocratici, comunque infiocchettati. Vero, ma la contropartita è lasciare a Salvini una maggioranza con cui eleggere il nuovo presidente della Repubblica alla fine del mandato di Mattarella e con quello chiudere il cerchio della conquista del potere.

Se Salvini in un anno è passato dal 4 al 17% e in quello successivo dal 17 al 38%, il motivo è noto ai bambini e lo conoscono anche i sassi: perché un quarto di secolo di regime berlusconiano e di ulivo-inciucio e altri montiletta e renzirenzi o gentiloni hanno fatto tracimare fino a hybris di vergogna la disuguaglianza sociale. Credo che “a hybris”, in questo caso, voglia dire “a vette estreme”, e ha ragione, anche se le colpe non possono essere spalmate con uniformità e noncuranza. Qualche distinguo aiuterebbe certamente a trovare delle soluzioni che non siano quelle palingenetiche.

Epuloni sempre più grondanti di ricchezze, ceti medi sempre più umiliati, impoveriti, insicuri (dei proletari non si parla neppure più). Anche qui, qualche distinguo non sarebbe sprecato, pur se tutto quel che dice è giustissimo. La ricchezza non è una colpa, se non è accompagnata da disonestà. Io non so più come devo considerarmi: per alcuni versi, anch’io sono un privilegiato, perché non mi sento in pericolo, e tanto meno umiliato, ma non mi sento neppure un Epulone (Luca, 16, 19-31).

Salvini, che rappresenta il partito degli affari quanto Berlusconi, a forza di razzismo (e in assenza di una sinistra degna del nome) è riuscito a spacciarsi come uomo del popolo, fingendo odio verso il privilegio, mentre odia solo la cultura, l’indipendenza dei magistrati, l’informazione imparziale e ogni potere di controllo. Colpa nostra, che non abbiamo fatto crescere la cultura delle masse, perché quella è l’unico vaccino contro ogni forma di fascismo.

Per fermarlo e farlo tornare al 17 e al 4% c’è perciò un solo modo: porre fine alla barbarie di disuguaglianza di questo quarto di secolo, attraverso una gigantesca redistribuzione che tolga ai super ricchi della finanza, ai padroni degli appalti, ai parassiti del liberismo senza legalità, ai grassatori della grande evasione, o per restituire ai ceti medi, a quel che resta della classe operaia, ai disoccupati. Tutte cose che avremmo già dovuto fare e che forse avremmo fatto se non ci fossimo ubriacati di faciloneria, se non avessimo puntato così tanto anche noi sull’immagine, dimenticando la nostra missione perché troppo innamorati di noi stessi.

Una politica di radicale giustizia-e-libertà.

Le proposte d’establishment, Renzi, Franceschini o Grillo che siano (per non parlare dell’annaspante Zingaretti) ripropongono invece i vizi del passato, lo statu quo imbellettato con i Cantone o Cottarelli, terapie che faranno lievitare stratosfericamente i consensi a ghigno e teppismi salviniani. Finalmente uno che scrive statu quo, invece di status quo: era ora. E al di là dei fatti lessicali e delle rimembranze del latino scolastico, e messa da parte la perla di un Grillo parte dell’estabilishment, è vero che un governicchio di semi-sinistra farebbe il gioco di Salvini, ma chissà che non valga la pena di provare. A certe condizioni, si può. Ma fra queste condizioni c’è anche quella di una compattezza difficile da ottenere, perché gli scheletri nell’armadio ci sono per quasi tutti, e sarebbe difficile pensare a quanti rischierebbero di trovarsi sotto ricatto da parte di quelli a cui sono stati fatti dei favori. E non mi sono sbagliato: sarebbero proprio quelli che hanno avuto dei favori ad avere il coltello dalla parte del manico nei confronti di chi quei favori li ha concessi.

L’unica alternativa realistica al pre-fascismo in vocazione di pieni poteri è un governo di legislatura in rottura radicale col quarto di secolo della diseguaglianza trionfante e spudorata. Che faccia della redistribuzione egualitaria la sua stella polare. Ed entri in guerra contro corruzione, mafia, grande evasione. Governo affidato alla società civile giustizia-e-libertà, per l’appunto. E che metta nella sua agenda anche l’egemonia culturale, i mutamenti climatici, le migrazioni di massa e la quinta rivoluzione industriale.

Un governo Rodotà, sarebbe stato ovvio dire due anni fa. Oggi un governo Zagrebelsky, per esempio, con Lorenza Carlassare, Davigo alla giustizia, Scarpinato agli interni, Mazzucato all’economia, Caracciolo agli esteri, Saraceno a welfare e pari opportunità, Montanari ai beni culturali, Canfora alla pubblica istruzione, sempre per fare esempi della caratura morale, professionale e sommamente politica di cui ci sarebbe urgenza improcrastinabile. Allora, vediamo meglio chi sono:

  • Gustavo Zagrebelsky, giurista e costituzionalista, nato nel 1943, piemontese;
  • Lorenza Carlassarre, giurista e costituzionalista, nata nel 1931, di Padova;
  • Piercamillo Davigo, magistrato, nato nel 1950, lombardo;
  • Roberto Scarpinato, magistrato, siciliano;
  • Mariana Mazzuccato, economista dell’innovazione, nata nel 1968, di Roma, cittadina USA;
  • Lucio Caracciolo, politologo, nato nel 1954, di Roma;
  • Chiara Saraceno, sociologa, nata nel 1941, di Milano;
  • Tomaso Montanari, storico dell’arte, nato nel 1971, di Firenze;
  • Luciano Canfora, filologo, nato nel 1942, di Bari.

Mi dispiace che manchino Fabrizio Barca, economista, nato nel 1954, di Torino, allo sviluppo economico e Ilaria Capua, virologa, nata nel 1966, di Roma, alla sanità. E poi anche Giuseppe Cassini e Franco Angioni, entrambi anziani, ma non per questo da dimenticare.

Sarebbe certamente un grande team, ma sappiamo bene anche quanti non lo digerirebbero. E forse neppure loro lo vorrebbero.

Se M5S e Pd fossero ciò che in questi giorni stanno sviolinando di essere, personalmente disinteressati perché interessati solo al bene dell’Italia, è un governo del genere che proporrebbero a Mattarella, e che sosterrebbero lealmente per quattro anni. Ogni altro governo non farà infatti che avvicinare e affrettare in Italia il putinismo, forma presente del fascismo. Tutto giusto, ma forse qualche concessione alla realpolitik si potrebbe farla, purché non siano troppe e non sconvolgano l’impianto complessivo.

Ma Zingaretti è interessato solo ad avere gruppi parlamentari suoi, Renzi a non perdere quelli che controlla, Di Maio a non tornare ai lavori di cui è capace dopo le due legislature di “servizio ai cittadini” (i 5S le moltiplicheranno meglio dei pani e pesci, scommessa sicura), per cui per egoismo resteranno nella cecità, con un governicchio di qualche mese o con le elezioni il 2 novembre (mi sembrerebbe il giorno più adatto) e regaleranno il paese a un premier energumeno, che avrà i numeri per eleggere il presidente della repubblica, plasmare a sudditanza corte costituzionale e Csm, cambiare la costituzione in stile Orban. Ahimè, non basta toccare ferro: bisogna impugnarlo. Subito.

Altro che responsabilità (che oggi fa rima solo con giustizia-e-libertà), con il loro piccolo cabotaggio si confermeranno i miserabili che fin qui sono stati. Vorrei chiudere con una speranza: che una ventata di saggezza investisse quelli che hanno in mano i nostri destini, perché la situazione somiglia a quella del 2001, ma la sconfitta di oggi sarebbe molto più pericolosa di quella di allora.

Post Correlati