IL DESIDERIO DI ESSERE COME TUTTI

La mia rilettura del libro di Francesco Piccolo

Due premesse: a) questa è una rilettura: avevo già letto questo libro nel 2014, e mi era piaciuto, ma mi è venuta voglia di rileggerlo meglio; b) non è giusto classificarlo come romanzo, ma non è neppure un saggio, e neanche una biografia: chiamiamolo libro.

Il titolo “Il desiderio di essere come tutti”

Non ho mai sentito il desiderio di essere come tutti: ora devo pensare che per Francesco questo sia un mio grave difetto, e cerco di spiegarmi. Ho quasi sempre avuto passioni diverse da quelle degli altri, o forse ho creduto di averle diverse; ho sempre seguito obiettivi diversi, o almeno l’ho creduto; a volte ho pensato di essere capace di pensieri più profondi di quelli degli altri, illuso in questo anche da persone conosciute ai tempi del liceo, salvo poi, nel lavoro, trovare persone che andavano oltre. Probabilmente, ha giocato anche la mia fobia nei confronti delle compagnie numerose, forse anche la mia timidezza, e magari anche una quota di presunzione, ma il desiderio di essere come tutti, no: quello non l’ho mai avuto. Francesco, invece, l’ha sempre vissuto, fin dalle settimane di settembre in cui veniva trattenuto da solo al mare, perché il mare fa bene ai ragazzi, e poi ancora nella vita con gli amici al bar, e ancora da adulto, quando ha incominciato a vivere alternando gli aspetti seri con quelli giocosi, fino a riuscire in quell’ultimo step della crescita di cui oltre.

La vita pura e la vita impura

Non avevo capito cosa volesse dire, né quale fosse l’aspetto positivo e quale quello negativo. Per vita pura, Francesco intende la vita governata dagli ideali, un po’ chiusa al mondo e molto autoreferenziale, in cui uno si sente superiore e qualche volta, raramente, lo è davvero, ma nella generalità dei casi, non lo è affatto. La vita diventa impura quando si accettano dei compromessi che, invece di abbassarla, la innalzano, perché la riempiono di tante altre cose, apparentemente futili, ma tuttavia necessarie; fa l’esempio degli uomini primitivi, che, pur con l’assillo della sopravvivenza quotidiana, rischiavano la vita anche per raccogliere i coralli che servivano alla loro vanità. Quindi, per Francesco, la vita deve essere impura, e quelli che scelgono diversamente, non sanno quel che perdono. In fin dei conti, poco o tanto, è quel che facciamo tutti, e quelli che non lo fanno, non è perché vivono una vita fatta tutta di coerenza, ma perché ne vivono una fatta solo di superficialità. Francesco tesse le lodi della superficialità, la bandiera, per così dire, di sua mamma e di sua moglie, ma non so se nel suo apprezzamento sono compresi anche quelli che vivono di sola apparenza, spesso anche senza possederne una vera e originale.

Gli step della crescita

Francesco dice di essere nato molte altre volte, oltre alla nascita fisica del 1964. Non sono neppure sicuro di averle registrate tutte, ma mi sembra di poter stilare questo elenco: la fascinazione della fontana di Diana e Atteone; l’epidemia di colera a Napoli; il racconto di Carver “Con tanta di quell’acqua a due passi da casa”; il colpo di stato in Cile e i suoi riflessi nella politica italiana; il gol di Sparwasser ai mondiali del 1974; il regalo di San Valentino a un’amica movimentista; il libro di Camilla Cederna su Giovanni Leone; il terremoto in Irpinia; i 17 giorni di carcere di Sophia Loren; il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro; il compromesso storico e l’alternativa di sinistra. E così è terminata la formazione: dopo di allora, sarà invece un lento, preciso e a volte doloroso riposizionamento, che lo ha portato alla vita “impura”.

Il caso Moro

La prima lettera di Aldo Moro rapito segna un punto di non ritorno dopo la sua diffusione voluta dai suoi carcerieri. Dopo di ciò, qualsiasi trattativa per la salvezza dello statista trova sbarrate tutte le strade. Con il senno di poi, e con la sconfitta del terrorismo in Italia, ora tutti concordano che si poteva fare di più per salvare Aldo Moro, ma all’epoca, con le BR che sembravano all’apice della loro potenza di fuoco, l’esito dello scontro era certo. Ma Francesco fa riferimento anche all’errore di tenere dalla stessa parte la fermezza di chi non voleva che si trattasse con i terroristi e la mancanza di volontà di salvare Moro imputabile a quanti vedevano nella sua salvezza una minaccia per la loro politica. Sicuramente, ci furono gli uni e gli altri, ma sarebbe un tragico errore confondere chi aveva pulizia d’intenti con quelli che non l’avevano.

La morte di Enrico

Berlinguer muore nel momento in cui la sua politica ha subito una serie di sconfitte e si è trasformata in un arroccamento in strenua difesa di quello che il PCI ha contribuito grandemente a conquistare per i lavoratori italiani. Dopo l’assassinio di Moro, ha tentato ancora la riproposizione di una politica di incontro, ma questa ipotesi è caduta, e la sinistra si è spaccata. L’Italia civile e moderna di Enrico cede il passo a quella egoista e ingorda degli anni ’80, che la condurrà alla rovina di un debito pubblico enorme, di un decadimento morale mortifero e infine alla genesi del populismo più recente. Francesco rivendica di non far parte di quel mondo, ma ammonisce che quel mondo va compreso e bisogna lavorare al suo interno, se veramente vogliamo cambiarlo. La modernità non rende inevitabile la corruzione, che ne prescinde totalmente.

Reazionario

Definito che è reazionario chiunque sia “dichiaratamente favorevole al ripristino di un assetto sociale e politico storicamente superato e decisamente ostile a qualsiasi spinta o tendenza innovatrice e progressista sul piano politico-sociale”, per Francesco è reazionario chiunque guardi al passato come a un mondo migliore, respingendo la forza delle cose e promuovendo processi antistorici. In questo, la sinistra italiana è stata lungamente una forza reazionaria, che guardava con non celato fastidio al mondo come veniva conformandosi da Reagan in poi, senza calarcisi dentro per combatterlo dal suo interno. Così facendo, ha aperto la strada a due fenomeni solo apparentemente scissi: considerarsi una razza superiore che non si confonde con il mondo che va da un’altra parte; aprire la strada alla personalizzazione della politica da parte di personaggi che accentrano su sé medesimi la politica della propria parte.

Alcune citazioni e altri punti importanti
  • “Avevamo sempre sperato”: prima della maturità, aleggia la speranza che gli eventi esterni tocchino il corso della nostra vita senza farne parte; poi, non è più così: lo vedrà con il colera e con il terremoto.
  • “Mi ero messo dalla parte di Leone contro la Cederna”: trova sbagliato attaccare qualcuno basandosi sui familiari e la vita privata, e penserà lo stesso anche con Berlusconi. “Non c’è nessun bisogno di essere neutrali per essere imparziali”. “Bisogna avere un’autonomia, riuscire a fare dei passi indietro fino a raggiungere la distanza esatta in cui non sei più troppo vicino, ma non ti sei davvero allontanato”. “Ho costruito una separazione, un’inimicizia non tra vita pubblica e vita privata: ma verso la confusione del giudizio tra pubblico e privato”.
  • “A casa, se nominavo il PCI, ero considerato una specie di terrorista; fuori casa, se nominavo il PCI, ero considerato una specie di democristiano”: è successo anche a me, in riferimento alle mie posizioni sulla politica ambientale: un po’ terrorista e un po’ reazionario.
  • “Mi resi conto che nonostante pensassi che nessuno può essere preparato a un evento così improvviso e inaudito, la verità invece che una comunità deve essere preparata a tutto, è questo il senso più profondo di una comunità”: si riferisce al terremoto, ma vale su tutto.
  • Cita Rosellina Balbi sull’essere di sinistra: “Sono ancora e sempre del parere che la distinzione da fare sia quella tra l’uguaglianza e il diritto all’uguaglianza: la prima non esiste; … Altra cosa è la parità delle condizioni di partenza”.
  • “Ho deciso di abbandonare per sempre, con consapevolezza, convinzione e rabbia il mito della purezza”: Francesco lo fa quando Bertinotti il puro fa cadere il primo governo Prodi, e lui si rimprovera il proprio voto a Rifondazione. “La testardaggine di non tradire se stessi è in contraddizione con la necessità di non tradire milioni di persone”. Sceglie in questo momento la vita impura, e si sente sollevato.
  • Il pensiero confermativo “rende impermeabili al confronto, alla curiosità per gli altri, per vite diverse; … ci sembrerà che nel mondo ci sia solo gente che la pensa come noi”, e questo impoverisce la nostra possibilità di capire. Per questo, Francesco ritiene necessari la lettura e l’ascolto delle altre opinioni. “L’estraneità rende impermeabile la conoscenza, e senza conoscere le ragioni degli altri non si può combatterle”.
  • “Quell’autodiffamazione si avvicina alla verità più dell’autoassoluzione: le persone che compiono atti che non ci piacciono sono persone molto simili a noi”. Mettersi sempre in discussione e mettere in discussione le proprie idee costituisce una forma più profonda di sincerità, e contribuisce al proprio arricchimento interiore.
  • “Un’epoca, quella in cui si vive, non si respinge; si può soltanto accoglierla; si può accoglierla e analizzarla e criticarla. Ma facendone parte, sentendosi parte”. Sì, è vero, ma se ti fa proprio ribrezzo, come si fa? Occorrerebbe riuscirci sempre, ma io a volte non ci riesco.
Conclusione

Vivi bene e non essere imbecille. Questo dice Fernando Savater nei libri dedicati al figlio (“Etica per un figlio” e “Politica per un figlio”). Quel che dice Francesco Piccolo, alla fine, non è tanto diverso. La differenza sta nel fatto che Savater è un filosofo e pone i suoi ragionamenti su un piano diverso, mentre Piccolo li fa discendere dalle sue personali esperienze e dai suoi personali dolori. Non è detto, con questo, che sia sicuramente più convincente, ma certamente riesce a catturare di più, specialmente uno come me che ha vissuto quegli stessi avvenimenti in una fase più matura della sua vita, considerando che Piccolo è più giovane di me di ben 12 anni. Me li ricordo tutti: il colera a Napoli, nel 1973, quando ci furono evidenti fenomeni di razzismo antimeridionale al Nord, ma all’estero consideravano appestati tutti gli Italiani; la partita di calcio tra le due Germanie; il rapimento di Moro: quel mattino ero a Pisa, a studiare da solo in un’aula di disegno; il terremoto in Irpinia: era il 23 novembre, il compleanno di mamma, ne compiva 54; l’ictus di Berlinguer: ero in Sardegna, a Cagliari, per lavoro. E ricordo che solo in quei giorni capii il significato di compromesso storico, ma poi me ne sono dimenticato, di quell’illuminazione, e se dovessi spiegarlo ora, non credo che ci riuscirei.

Post Correlati