Tassonomia verde

Un articolo di Edo Ronchi su Repubblica

Leggevo nei giorni scorsi l’articolo di pari titolo, pubblicato da Repubblica il 26/01/2022, e provavo a fare due conti sulla questione del gas naturale impiegato per produrre energia elettrica e di quanta anidride carbonica (CO2) si possa tollerare l’emissione in atmosfera. La commissione europea ha fissato questo limite in 270 g/kWh, ecologisti e climatologi lo giudicano inaccettabile, e Ronchi propone 100 g/kWh.

Generazione tradizionale

Nell’ipotesi che si parli di metano puro (CH4), non in miscela con altri idrocarburi, e che si riesca a sfruttare tutto il potere calorifico fino alla completa condensazione di tutto il vapore d’acqua (PCS di 14367 kcal/kg), fare un kWh emettendo in atmosfera 270 g di anidride carbonica, considerando che il peso molecolare del metano è di circa 16 g/mole e che quello dell’ anidride carbonica è di circa 44 g/mole, la quantità di metano necessaria sarebbe di 36,36 g/kWh, cioè 522 kcal/kWh, e il rendimento sarebbe del 60,7%. Con mezzi tradizionali (ciclo combinato e scarico all’atmosfera di tutti i fumi) ciò è difficile, ma non impossibile. In condizioni meno ideali, il rendimento dovrebbe essere ancora superiore, e ancor più difficile da ottenere. Per scendere al di sotto del valore indicato dalla commissione, i mezzi tradizionali non possono bastare, e diventa necessario usare altro.

Altre opportunità

Le possibilità che vedo sono due:

A. Sequestro di una parte importante dell’anidride carbonica prodotta dalla combustione del metano (per passare da 270 a 100 g/kWh, occorre sequestrarne il 63%);

B. Separazione dell’idrogeno dal carbonio, procedendo poi alla combustione del solo idrogeno.

La prima delle due ipotesi può concretizzarsi in due maniere, oltre a quella di piantare alberi:

  1. Magazzinaggio dell’anidride carbonica in grotta o nelle profondità marine;
  2. Riutilizzo industriale dell’anidride carbonica.

Il caso A1 viene rigettato da climatologi ed ecologisti in quanto destinato a produrre quantità di anidride carbonica, da depositare come scorie, e questa possibilità potrebbe essere utilizzata solo per un breva transitorio. Ma ciò sarebbe in parziale contraddizione con l’impiego futuro di biogas, che sarebbe anch’esso produttore di anidride carbonica nella quantità assorbita dalle specie vegetali d’origine del biogas nel corso della loro crescita, ciò che richiede l’esistenza di tali quantità di anidride carbonica nel suolo o nell’atmosfera. L’uso poi della reiniezione di anidride carbonica per favorire l’estrazione degli idrocarburi ricorda il cane che si morde la coda.

E qui sopravviene l’altro punto, il punto A2, l’utilizzo industriale dell’anidride carbonica. In forma solida, il cosiddetto ghiaccio secco è usato per la conservazione; in forma liquida, esistono estintori che impiegano anidride carbonica; allo stato gassoso, la si impiega per refrigerazione e condizionamento, ma anche per le bevande gassate. L’uso principale rimane comunque quello nei fertilizzanti e nell’industria chimica in generale, pure osteggiati. Poca cosa, tutto sommato, per cui, allo stato attuale, non c’è da sperare in un contributo decisivo. Cosa rimane allora, a parte piantare alberi? Difficile da dire. E anche per le piantumazioni, occorre attenzione, per non compromettere ecosistemi delicati e biodiversità.

Cos’altro

Rimane da analizzare la B, la separazione dell’idrogeno dal carbonio nel metano e in altri idrocarburi. È un aspetto molto interessante, ma richiede valutazioni che coinvolgono l’entalpia di formazione, e ne parleremo in una prossima occasione.

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