Sulle pompe alimento

Brevi note sull’origine di quasi tutti i problemi

Esaminiamo tre casi:

  1. L’avaria di Porto Corsini: si verificò nel 1988, si sentiva a orecchio una grande turbolenza d’acqua e fu facile diagnosticare la rottura dei labirinti interstadio, che erano quelli delle vecchie pompe KSB, con problemi di instabilità. Fu necessaria una revisione generale della pompa interessata, con l’intervento dello specialista della casa.
  2. I problemi di Torvaldaliga Nord: erano interessate le pompe KSB tipo CHTA, che erano in realtà delle Ingersoll Rand costruite su licenza quando la KSB non aveva una propria linea di pompe barrel. Le pompe non andavano sul viratore, e la centrale da allora ha sempre supplito facendo un viraggio a vapore, a 200 RPM. Il problema era la distorsione dell’albero alla fermata della pompa, e sarebbe bastato mettere un giunto automatico al posto di quello manuale, per evitare lo stop completo della pompa.
  3. Le vibrazioni di Yanbu: le pompe Worthington di quella centrale avevano vita breve per elevate vibrazioni, che costringevano a frequenti revisioni da effettuare in officina, in Italia. Le pompe venivano avviate con preriscaldamento con scarico in fogna e alla fermata non si interrompeva il raffreddamento delle tenute meccaniche. Modificate queste procedure, i problemi non si sono più presentati.

Sulla base di questi e di molti altri casi ho maturato la convinzione che gran parte dei problemi delle pompe alimento delle grandi caldaie da 500 e oltre t/h di vapore siano dovuti a due cause specifiche: inefficace preriscaldamento delle pompe e errato raffreddamento delle tenute. In aggiunta, ci sono anche alcuni aspetti dovuti a vecchi schemi costruttivi volti a superare certi problemi, ma aggravandone altri.

L’effetto di queste disfunzioni è lo strisciamento delle parti rotanti sulle parti fisse, che può impedire l’avviamento della pompa, ma può anche farla strisciare quando sta già operando, provocando danni ancora più ingenti. Nel caso dell’insufficiente preriscaldamento può presentarsi sia l’ingobbamento dell’albero, sia la distorsione del corpo della pompa; nel caso del non corretto raffreddamento delle tenute, si ingobba l’albero in corrispondenza delle stesse e, facendo perno sui cuscinetti, l’albero assume una posizione che lo porta a strisciare.

Uno si chiede: come mai ci sono così tanti pericoli di contatto tra le parti rotanti e quelle fisse delle pompe di alimento? La risposta la dette il PN Grosso (capo manutenzione della centrale del Sulcis) nel 1988: “perché, vedete,” disse a Pisa in un convegno sulle pompe Worthington, “in queste pompe, fra le parti fisse e quelle mobili, ci sono giochi sottili come un pelo di fica”, indicazione non proprio elegante, ma che rende bene l’idea.

Il rimedio all’inefficacia del preriscaldamento è, ovviamente, la revisione delle modalità di esecuzione e delle procedure di avviamento, che devono includere l’autorizzazione all’avviamento da parte di sensori di temperatura disposti nella parte alta e bassa del corpo pompa, che impediscano l’avviamento quando la differenza di temperatura tra i due punti eccede il valore richiesto.

Il rimedio all’errato raffreddamento delle tenute, e segnatamente delle tenute meccaniche, è l’interruzione immediata del flusso di liquido di raffreddamento allo scambiatore; così facendo, permane una circolazione del fluido interno alle tenute, ma mancando il raffreddamento, non si crea una differenza di temperatura tale da provocare l’ingobbamento dell’albero.

Sono misure semplici da adottare, ma è molto importante che vengano osservate con assoluto scrupolo. Purtroppo, sembra che la cosa non sia così chiara a tutti, e molti si affannano a trovare cause inesistenti.

Le uniche eccezioni che ricordo bene sono un errore del personale di esercizio e quella splendida avaria degli alberi bucati. Il primo, non ha bisogno di molte parole: avevano avviato una pompa senza aprire la valvola di aspirazione (e chissà come avevano fatto a by-passare le protezioni). Per carità di patria, non dirò di più. L’altro era un caso evidente di cavitazione, che aveva eroso la prima girante e poi l’albero sottostante. Non ci volle molto a capire che la causa stava nella progettazione della prima girante, fatta per il miglior rendimento al massimo carico e che non funzionava altrettanto bene in altre condizioni. I due casi in cui questo si verificò riguardavano proprio due centrali che, per motivi diversi, si erano trovate a operare lungamente a carico ridotto. E anche qui, non dirò di più.

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