Leone il missionario

Sulla chiesa missionaria

Giorni fa, i Cocchini mi dicevano che anche al figlio di Elena, la nipote di Antonella, è stato imposto il nome di Leone, e che a Milano, dove lei vive, questo nome si è diffuso da quando lo usò Chiara Ferragni. Non sta bene mescolare così il sacro con il profano, ma il nome Leone, Ferragni a parte, è davvero inconsueto, e credo che in materia ci saranno, ma forse ci sono già state, battute assai peggiori delle mie.

Dice ancora il papa neoeletto: “Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce ponti, dialogo, sempre aperta a ricevere, come questa piazza con le braccia aperte, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità , della presenza, del dialogo, dell’amore”. Ha certamente ragione, anche se Scipione Guarracino, tanti anni fa, da libero pensatore, diceva che il colonnato del Bernini lo faceva pensare più a una tenaglia, che a un abbraccio. Ma il punto è un altro: dove sono quelli che hanno maggiormente bisogno del conforto della chiesa missionaria?

Una volta, le missioni erano incaricate soprattutto di proselitismo, e in nome del cristianesimo se ne son fatte di tutti i colori. Oggi tutto questo è finito, per fortuna, e i missionari hanno altri incarichi, per i quali la parola conforto è fondamentale. Esistono missioni di ogni genere: ne hanno le associazioni di tutte le chiese, gli Enti delle Nazioni Unite, le organizzazioni laiche non governative e forse altre ancora. Ciascuna ha le sue peculiarità, ma tutte accomunate da una impronta di solidarietà. La peculiarità delle missioni cattoliche, secondo il messaggio di Cristo, dovrebbe essere quella improntata alla misericordia, e dunque coloro che più hanno bisogno della chiesa missionaria sono quelli che più hanno smarrito il senso della misericordia. Insomma, quelli che ne hanno più bisogno siamo noi, il mondo ricco, quello che crede di non aver bisogno degli altri e li respinge; siamo noi ad avere maggiormente bisogno di quella chiesa.

Dato che si tratta della Chiesa, e non di un soggetto qualsiasi, non mi permetterò di ipotizzare quali forme debba assumere il lavoro missionario; le uniche cose che ragionevolmente posso dire sono due: non si può prescindere dalla buona volontà  di tante persone degne di ogni stima; nessuno deve condizionare questo lavoro per motivi politici o per qualsiasi altro motivo, nessuno deve cercare di appropriarsene.

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