Ancora sui vaccini

Considerazioni personali e politiche

Oggi ho avuto la prima dose del vaccino Comirnaty; avrò il richiamo il 31 Maggio.

Il centro vaccinale era quello dell’ospedale del Campo di Marte, a Lucca, secondo piano dell’edificio A, dove sono stato ricoverato varie volte, l’ultima nel 2011. C’era un gran via vai di persone, a occhio direi equamente suddivise tra Comirnaty e Vaxzevria. C’era più personale a smistare i vaccinandi che a somministrare i vaccini, il che è logico, perché per smistare occorre minore professionalità. Ti chiedono come stai, se hai avuto problemi di salute importanti, quali terapie hai in corso, ti iniettano la tua dose, ti confermano l’appuntamento per il richiamo e ti consegnano il certificato vaccinale.

Ora, c’è da dire qualcosa a proposito della cancellazione dei brevetti sui vaccini per il Covid 19: è evidente che far arrivare il vaccino a tutti è assolutamente necessario, ma bisogna stare attenti a non considerare gli attuali vaccini come risolutivi. Il problema è complesso: vediamolo nei suoi singoli aspetti.

È necessario far arrivare il vaccino a tutti, compresi i Paesi più poveri, perché solo con una campagna vaccinale estesa a miliardi di persone si può pensare di debellare il virus, e per far questo, è opportuno aumentare considerevolmente il volume della produzione e ridurre i costi quanto più possibile, senza inficiare la qualità del prodotto. Più facile a dirsi che a farsi, ma se non si fa così, il virus continuerà a replicarsi ed emergeranno sempre nuove varianti, e fra queste ci saranno sicuramente anche quelle capaci di aggirare i vaccini attuali.

Ma attenzione: nuove varianti emergeranno comunque e i vaccini attuali potranno comunque essere inefficaci: ne serviranno di nuovi, e la ricerca deve andare avanti, ed è interesse di tutti incentivarla. Difficilmente gli investitori pubblici potranno fare da soli, dato che le istituzioni nazionali e universitarie sarebbero comunque prive di sufficienti capacità produttive. E d’altra parte, gli investitori privati difficilmente parteciperebbero alla ricerca se non a fronte di una prospettiva di remunerazione dei capitali investiti.

Inoltre, non conosciamo ancora la durata dell’immunizzazione prodotta dai vaccini: potrebbe essere più breve di quanto ci auguriamo, e anche per questo è necessario essere pronti a sostituire i vaccini attuali con altri prodotti più efficaci, capaci di coprire una più vasta gamma di coronavirus e di garantire un’immunizzazione durevole. Anche per questo la ricerca deve proseguire e va incentivata.

Dunque, cosa fare? Non è tutto semplice, ma un punto di partenza potrebbe consistere nella inequivoca indicazione di quali brevetti vengono messi a disposizione di tutti, senza cadere nella retorica di cancellare genericamente i brevetti vaccinali. Così facendo, forse, si potrà superare questa emergenza senza che gli investitori privati evitino di investire sui vaccini di cui avremo sicuramente bisogno nei prossimi anni, perché il virus del Covid 19 non sparirà facilmente, ci saranno altre varianti da combattere e le prossime epidemie potrebbero essere più micidiali di questa.

Ciò non toglie che l’iniziativa di un “CERN” per la ricerca farmacologica dovrebbe entrare nell’agenda delle istituzioni nazionali e sovranazionali per sviluppare i farmaci che non attraggono gli investimenti privati, ma che sono tuttavia necessari per la salute di questa e delle prossime generazioni.

Post Correlati