Stella Maris

Romanzo di Cormac Mc Carthy

Sette giorni dura la narrazione di questo libro. Sono i sette giorni di terapia a cui Alicia Western si sottopone volontariamente presso la clinica psichiatrica Stella Maris. Ma procediamo con ordine.

La vicenda narrata si svolge dieci anni prima di quella di Il Passeggero. Bobby, pilota d’auto in Europa, ha avuto un incidente ed è ricoverato. Secondo i medici è semplicemente in attesa di morire e chiedono a sua sorella Alicia, che è accorsa al capezzale, il permesso di staccare la spina. Alicia non lo vuol dare e fugge. L’unico luogo dove può rifugiarsi è la clinica in cui è già stata ricoverata in passato, e ci arriva con un gruzzolo di 40 k$. Qui, incontra quotidianamente un medico, il dottor Cohen, che dovrebbe essere uno psichiatra, ma che si comporta invece da psicologo, anche perché Alicia rifiuta le terapie farmacologiche. Non c’è un piano, uno schema nei colloqui tra i due, che sono gli unici personaggi del romanzo: parlano di tutto. Parlano di Bobby, naturalmente, e del il piccolo focomelico, ma si parla anche della nonna di Alicia e Bobby, e del loro padre, il fisico che, dopo la conclusione del progetto Manhattan, era andato nel Pacifico meridionale a “far saltare in aria un po’ di roba”. E vengono citati grandi scienziati, matematici, filosofi non solo del XX secolo, ma anche precedenti, compresi Euclide, Platone, Aristotele e Zenone, ma anche Kant, Dirac e molti altri. Da questi colloqui tra Alicia e Cohen possiamo estrarre alcune frasi che mi sono sembrate particolarmente pregnanti. Sono molte, e le prime riguardano la logica:

  • Le cose non contengono nessuna informazione che le riguardi.
  • Non ci sono argomenti riguardo alle regole della logica che non le presuppongano.
  • Nessuna cosa può essere spiegazione di sé.
  • Le regole sono la musica. Senza le regole c’è solo rumore.
  • Quello che avevi a lungo sospettato era vero. Che la matematica non aveva limiti. Che era inesauribile.
  • Sono i problemi a costituire il corpo della matematica, non le risposte.

Sono tutte, a vario titolo, condivisibili, anche se la prima va interpretata, e io la interpreto così: ogni cosa ha una storia, e questa storia lascia tracce nella cosa; queste tracce sono certamente delle informazioni, ma queste riguardano la storia della cosa, non la cosa in sé. Da un punto di vista logico, ciò è vero, ma, dal punto di vista di chi ha realizzato la cosa, ci sarà certamente del disappunto. Prendiamo per esempio un lavoro artigianale, come quello del ceramista, che a ragione può dire: “il frutto del mio lavoro sta lì, in quell’oggetto, che a me racconta non solo cosa ho realizzato, ma anche il lavoro mentale e fisico che mi è costato e contiene tutte le informazioni che io ci ho messo dentro”. Non è così per il cliente, che vede il pezzo realizzato, la forma, il materiale, i colori e poco altro: il contenuto d’informazione per lui è assai più ridotto. Se poi il cliente è particolarmente rozzo, può non contenerne affatto, e gli interessa solamente il prezzo. Non so se questa sia l’interpretazione più corretta della frase, ma non mi sembra da scartare.

Poi, vengono le frasi che riguardano la vita dell’uomo e la vita di Alicia:

  • La mia ipotesi è che si possa essere felici solo fino a un certo punto. Mentre il dolore non sembra avere fondo.
  • Se della nostra esistenza non c’è più nessuna traccia, per chi vuoi che sia una tragedia?
  • Non c’è nessun vantaggio evolutivo nell’esser bravi a morire. Per trasmetterlo a chi?
  • Credo in una vita oltre la vita? È in questa che non credo.

Queste esprimono un disincanto profondo nei confronti di un mondo che ha deluso la protagonista, e queste ultime frasi ce lo spiegano, almeno in parte:

  • Se avessimo una consapevolezza costante di come funzioniamo, non funzioneremmo.
  • Quello che a noi sembra irrilevante in virtù dell’abitudine è in realtà il concetto fondativo della civiltà.
  • Solo che lo volevo sposare. Come forse avrà intuito. L’ho sempre voluto.
  • Volevo farne parte. Solo che non volevo pagare l’ingresso.

Incominciamo dalle ultime due, quelle che chiudono l’elenco: Alicia è sempre stata innamorata di suo fratello, e avrebbe voluto lui e nessun altro, anche per farci un figlio; è stato lui ad allontanarsi per non cadere: l’amore tra fratelli, al di là degli aspetti biologici, è quasi sempre stato un tabù, ma mentre per Bobby continua a esserlo, Alicia vorrebbe superare quel tabù. Friederich Engels, nell’Origine della Famiglia, parla di civiltà primitive in cui il matrimonio tra fratelli era ammesso, ma in epoche storiche non più. Dopo la ripresa dall’incidente in corsa e la morte di Alicia, Bobby si è comportato come altri fisici, e cioè si è dedicato all’attività che più lo spaventava, l’immersione, e lo capiamo dalle parole di sua sorella. E poi, c’è il recondito desiderio di Alicia di far parte di una comunità, ma senza accettarne molti aspetti, tra i quali talune regole, come quella, appunto, di non poter sposare il fratello. Questo desiderio, così contraddittorio, ce la rende più umana, e perciò anche più simpatica, ma di contraddizioni ce n’è anche un’altra: senza regole c’è solo rumore, si diceva più in alto. Alicia vuole vivere senza regole, o, peggio, accettando solo quelle a lei gradite e rifiutandone altre, quelle che ostacolano il suo modo di intendere la vita. Eppure, dice anche che l’unica cosa alla quale vale la pena di dedicare la vita è la matematica, l’inesauribile matematica, per la quale il corpo è costituito dai problemi, non dalle risposte, ed è da affrontare con metodi che non possono essere casuali. È solo l’inconscio che può farlo, e si rivela quando ti svegli e hai in mente una soluzione che ti è venuta dall’inconscio.

Le altre due frasi, quella sulla consapevolezza di come funzioniamo e quella sul concetto fondativo della civiltà meritano molta attenzione.

L’autore sostiene che la conoscenza costante del nostro funzionamento ci porterebbe all’autodistruzione, o quanto meno alla nostra sterilizzazione. E io mi ricordo di quando mi raccontavano di una coppia che impiegava moltissimo tempo per consumare un pasto anche semplice, qualcosa come 90 minuti, perché volevano seguire il percorso di ogni boccone dalla bocca allo stomaco. Questo è un caso elementare: immagino che CMC pensasse non al nostro funzionamento fisico, quanto a quello mentale, ma il discorso non cambia: se io avessi cognizione di come le idee camminano da un neurone all’altro attraverso le sinapsi, il processo mentale non cambierebbe, anzi, semmai si arricchirebbe e si chiarirebbe. La vita esteriore, probabilmente, non cambierebbe di una virgola. Potrebbe rallentarsi? Solo nel caso di chi si ponesse a studiare il processo medesimo, non di chi si limitasse a utilizzarlo. Insomma, su questo concetto, io non concordo con l’autore, e sono convinto che una migliore conoscenza del funzionamento del nostro cervello potrebbe portare solo effetti positivi.

La frase sul concetto fondativo mi è sembrata ingannevole: in un primo momento dici “Ma che sciocchezza è questa!”. Poi, ci rifletti meglio, e ti rendi conto che nasconde qualcosa. Cos’è che a noi sembra irrilevante ma è concetto fondativo della civiltà? Prendiamo un esempio fra i tanti possibili: la ruota. Ormai è una ovvietà, ma è impossibile farne a meno e pensare a una società che ne sia priva. Un altro esempio: l’acquedotto. Il pensiero corre a quelli dei Romani, perché furono grandi costruttori di acquedotti, ma ci sono rimarchevoli esempi ancor più antichi, come quelli costruiti dai Sumeri per portare acqua a Ur. E ancora uno: la ceramica cotta, di cui si sono trovati reperti risalenti a poco meno di ventimila anni fa. Ebbene, ruota, acquedotto e ceramica sono elementi fondanti del nostro mondo che, senza di essi, non si sarebbe ancora staccato da quei lontani primordi. E si noti che la creazione di ruota e acquedotto risale ad appena 5000-6000 anni fa, mentre ci sono testimonianze in cui il fuoco veniva già controllato quasi mezzo milione di anni fa, da parte di ominidi di molto precedenti al Homo Sapiens e non dimentichiamo che il primo appartenente al genere Homo, vissuto 2,5 milioni di anni fa, è detto Habilis, in quanto già in grado di creare e usare primitivi attrezzi. Fin qui, ho citato solo esempi, per così dire, fisici, oggetti e processi, ma c’è ben altro, e credo che CMC intendesse elementi con un maggior contenuto intellettuale. Un esempio può essere la scrittura, una “invenzione”, ammesso che si possa definirla così, assolutamente rivoluzionaria, tanto è vero che ancora oggi affermiamo che segna il passaggio dalla preistoria alla storia. Eppure, oggi ci sembra una ovvietà, la diamo per scontata, una tecnica da insegnare ai bambini di cinque o sei anni (e guai a non fare così). Oggi sopportiamo persino che venga oltraggiata su computer e telefonini da chi scrive lemmi inventati, ma è un elemento fondamentale della nostra civiltà. La stessa cosa vale per la matematica, nata per valutare le quantità e fare calcoli e cresciuta nei secoli, fino a diventare altro, inalienabile dal nostro mondo. Un ultimo esempio, e poi basta (ma se ne potrebbero fare molti altri, nelle arti e in molte altre discipline), è quello delle leggi costituzionali, prima sognate dagli intellettuali, poi promulgate dal 1848 in poi, e che hanno costituito per decenni il cuore delle rivendicazioni delle masse popolari, a tutela dei loro diritti. Considerare ovvietà tutto ciò è una grave ingiustizia nei confronti dei nostri predecessori prossimi e remoti, che sono stati in grado di “inventare” tali elementi fondanti.

Per ultimo, cerchiamo di dire una parola finale su quanto s’era lasciato incompiuto alla fine di Il passeggero, anche se in realtà su quei dubbi il secondo romanzo fa chiarezza solo in parte, riuscendo piuttosto ad aggiungerne altri. Comunque, vediamo un po’.

  • Quello di Alicia è stato davvero un suicidio? Tutto lascia pensare che lo sia stato, e i motivi del suicidio sono talmente profondi e numerosi da farci stupire che Alicia abbia vissuto fino a vent’anni.
  • Che fine ha fatto il decimo passeggero dell’aereo? Dato che il secondo romanzo non aggiunge niente a quanto già sapevamo, possiamo concludere che l’aereo è stato fatto affondare per far sparire quel passeggero e non lasciare testimoni; se questa sparizione abbia comportato la sua morte, non è dato di saperlo.
  • Bobby era seguito e spiato: da chi? A questo punto, la conclusione è che Bobby era sorvegliato da quanti avevano fatto sparire il passeggero mancante, i quali temevano che ciò che avevano ordito potesse trovare ostacoli imprevisti o testimoni indesiderati.
  • Bobby è riuscito a evadere: con il permesso di chi lo seguiva? Sì, bastava che non interferisse con i loro intrighi, che comunque non sappiamo quali fossero.
  • Come è fatto per CMC l’animo umano? Ci rimanda a quanto detto su come funzioniamo e ai concetti fondativi della civiltà.
  • Cosa differenzia, per l’autore, l’anima dei cosiddetti folli dagli altri? Per CMC, l’anima dei cosiddetti folli è molto ricca, forse più ricca di quella degli altri; nei loro confronti, dovremmo preoccuparci di evitare che diventino pericolosi per sé o per gli altri, e, per il resto, consentire a essi di sviluppare le loro qualità e di avvalersene, e non cercare di curarli. Non siamo molto lontani dal pensiero di Franco Basaglia, che forse CMC conosceva.
  • Cosa sono per lui le scienze, la logica e la filosofia? Letto Stella Maris, bisogna aggiungere anche il linguaggio, e queste materie costituiscono un corpus unico, di cui, sostanzialmente, abbiamo già discusso parlando di consapevolezza e concetto fondativo. Qui occorre ribadire che il mio disaccordo sull’aspetto della consapevolezza significa solo che non la penso come lui. CMC antepone la logica a tutto il resto, e da essa fa discendere la filosofia, le scienze, in particolare la matematica, e dice che in assenza di linguaggio non ci può essere neppure pazzia, perché in assenza di linguaggio non si può neppure definire cosa sia la normalità, né giocare con la logica. O almeno, io l’ho capito così: sarà vero? Chissà.

Ultima annotazione: questo romanzo è ricchissimo di annotazioni da sviluppare, e quelle che ho cercato di sviluppare io, poco e male, sono una piccola parte di esse: spero almeno di aver scelto alcune delle più importanti.

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