Le linee rosse

Il saggio di Federico Rampini sui confini del Mondo, Mondadori, 450 pp, 19,50 €.

Visto che non mi hanno ancora cacciato da FB, prendo in esame il libro più recente di Federico Rampini, quello menzionato. Diciamo subito che il dubbio di base rimane irrisolto: Rampini è un grande giornalista, o un gran campione di copia e incolla? Indubbiamente, ha visto molto mondo e possiede una vasta cultura, ma se usi solo farina del suo sacco o se ne peschi altrove non è affatto chiaro. Sicuramente, cita molti autori e cita spesso anche se stesso, andando a ripescare idee e brani di suoi libri precedenti, ma se lo fa apertamente, va ancora bene; sarebbe grave se lo facesse di nascosto.

Le linee rosse di cui si parla sono confini, ma non solo, e non tanto, confini di stato, quanto piuttosto qualsiasi confine esistente al mondo, e in primo luogo quello tra la ricchezza e la povertà, che è il più importate di tutti. Alcuni capitoli, in particolare quelli iniziali, sono articolati per stati: c’è quello sugli Stati Uniti, quello sulla Russia, e poi sulla Cina, sulla Germania, l’India, il Vaticano, ma poi si esaminano anche i confini del Mediterraneo, della democrazia, della tecnologia, del clima, e si chiude con un brindisi, un capitolo sul Prosecco. La conclusione non c’è, perché tutti questi confini sono mobili e spesso anche labili. C’è un invito a studiare il mondo, senza farsi fuorviare dalle ricette semplificative, perché i problemi semplici non esistono più, ammesso che mai siano esistiti.

Alcuni punti rilevanti:

Di quali riforme ha bisogno l’Italia: migliorare la burocrazia e la giustizia civile; debellare l’evasione fiscale; ridurre la corruzione; investire nella scuola e nella formazione; regolare le conflittualità. Manca la cosa più importante, sconfiggere le mafie, ma quella non è una riforma.

Cosa serve per essere liberi? Liberi di …, o liberi da …? Rampini parla senza distinzione, e cita quel che serve: liberi dalla fame, dalla mancanza di acqua potabile e fognature, dalla mancanza di energia elettrica, dalla mancanza di scuole e ospedali, ma anche liberi di spostarsi e di comunicare. Tutte cose che noi diamo per scontate, e ci arrabbiamo se hanno delle défaillance, ma che per molti sono sistematicamente assenti.

I quattro mali più gravi del nostro tempo: l’odio, l’avidità, la povertà e l’inquinamento: è l’elenco di Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco. Non è neppure molto diverso da quello del Mahatma Ghandi, che diceva che ci sono risorse sufficienti per i bisogni degli esseri umani, ma non per la loro avidità.

Rampini dice due cose opposte di quel che si pensa dell’Italia nel mondo: c’è una profonda ammirazione per la storia e la cultura dell’Italia, e anche per il modo di vivere degli Italiani. Al contempo, però, l’Italia è considerato un paese debole, che non sembra in grado di affrontare le sfide del 21° secolo. È un discorso difficile e ci porterebbe lontano. Lo riprenderò.

L’Italia laboratorio di populismi: chi è il prototipo del superuomo del nostro tempo? Egocentrico, narcisista, capace di affascinare e di convincere? Gabriele D’Annunzio! Tutti gli altri, da Peron a Grillo, sono opache imitazioni.

Dal cambiamento climatico ai vaccini, i dati vengono ignorati per dare spazio a narrazioni diverse, che grondano paure, rancori e vittimismo. Le persone deboli si sentono rinfrancate da queste narrazioni, perché rende possibile dare la colpa “agli altri”, “ai poteri forti”, a complotti di ogni natura. Ma anche i luoghi comuni hanno vita effimera, ne nascono e ne muoiono in gran quantità.

Citazione da Rifkin, quando teorizzò l’economia dell’accesso: la proprietà di un bene non serve, basta poterlo usare quando serve, e questo determina un mondo economico diverso. Mi suona male: lo schiavismo finì in Brasile quando i colonnelli del cacao e del caffè si accorsero che non era conveniente mantenere gli schiavi a tempo pieno e che era meglio pagarli solo quando servivano. Chissà se questo può portare a nuove forme di abbandono, ad un sistematico precariato.

La differenza profonda del modo di affrontare il post-colonialismo da parte di realtà locali diverse ci può insegnare molte cose: i paesi medio orientali e nord africani giustificano i loro mali con i lasciti del colonialismo, ma è vero solo in parte, perché India e Cina hanno avuto la stessa storia, ma non hanno perso tempo a piangersi addosso, e ora sono dove sono e come sono. È una lezione che dobbiamo imparare anche noi.

Nonna Ortensia e Sogno d’estate: quanti ricordi! Che meraviglia! Altro che San Martino e pio bove! Da leggere in esametri.

Tra le battaglie Omeró//nel carme tuo sempre sonanti,
la calda orà mi vinsé//chinommisi il capo tra ‘l sonno
in riva di Scamandró//ma il cor mi fuggì sul Tirreno.

Un errore: dice che Gagarin fu il primo uomo in orbita geostazionaria, ma l’orbita di Gagarin non era geostazionaria. Nessuno ha ancora volato su un’orbita geostazionaria, a 35000 km dalla Terra. Lì ci sono solo i satelliti per le telecomunicazioni.

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