la nuova manomissione delle parole

Saggio di Gianrico Carofiglio

Ho terminato la lettura già da un paio di settimane, e ho lasciato decantare le idee. Però, ho notato che un vero chiarimento tardava, e allora eccomi qua, a scriverne, per non perdere contatto. Se poi il chiarimento dovesse arrivare, se ne potrà riparlare.

Democrazia, libertà, verbo, vergogna, giustizia, ribellione, bellezza e scelta erano le parole analizzate nella prima edizione di questo libro, uscita nel 2010. Nella seconda edizione del Novembre 2021, oltre a revisionare quanto già scritto undici anni prima, GC aggiunge la parola popolo, con lo scopo di dimostrare come questa, al pari delle altre, sia stata reinterpretata nel corso del tempo non solo in maniera naturale, per il mutare delle condizioni della società, ma anche per dolo, da parte di demagoghi di ogni risma, che si servono di una neo lingua come quella del grande fratello di Orwell e fanno sfoggio del linguaggio del corpo, nato nel XX secolo con i fascismi, ma che ora viene usato anche da molti altri, e in particolare dall’antipolitica.

La conclusione sui frattali lancia un’idea che non so se sia originale, o se GC la mutui da altri, ma certamente merita approfondimento. È pur vero che viviamo immersi tra i frattali, e che l’applicazione dei relativi concetti alla sociologia non è un assurdo, ma è difficile, oggi, dire dove questo ci potrebbe portare. Sarà bene approfondire, e lo faremo.

Nel complesso, si tratta di un libro semplice e accessibile, pieno però di citazioni e rimandi, per cui finiscono per diventare importanti le note finali di Margherita Losacco, tanto che gli spunti di riflessione emergono tanto da queste note, quanto dal testo dell’autore. Ma prima, qualche indicazione sulle manomissioni perpetrate. Poche parole per ciascuna di esse e d’altra parte, se queste poche non bastano, il libro di GC offre le altre.

Democrazia

Questa parola è stata esposta alle manipolazioni più pericolose; è ovvio che non basta che ci siano delle elezioni per essere sicuri di vivere in democrazia, occorre molto altro, quanto meno che la partecipazione non sia solo formale, ma sostanziale, e che la democrazia non sia costantemente in pericolo.

Libertà

È una parola difficile da maneggiare. I ceti dominanti vorrebbero la “libertà di”, cioè quella di scegliere e dominare a loro piacimento, quella di non condividere con nessuno il loro potere e di mantenere i loro privilegi; i ceti subalterni vorrebbero la “libertà da”, cioè la libertà dai mali che potrebbero precipitare loro addosso, e quindi la libertà dal bisogno, dalla servitù, dalla fame e dalla malattia. La vera base della libertà è la seconda, mentre la prima è un accessorio opzionale.

Verbo

Il logos, il verbo, la parola distingue l’uomo da tutte le altre creature viventi. Per questo, avere la parola, avere parola in capitolo, è così essenziale. Il significato originale è quello della lingua greca, dove indica le parole che distinguono le cose tra loro e i rapporti esistenti fra le cose.

Vergogna

Sentire vergogna di qualcosa o per qualcosa sta diventando desueto. Stava a indicare un rapporto dell’individuo con se stesso, un modo di guardarsi dentro e osservare il proprio modo di reagire a un fatto o a una situazione. La sua mancanza è un segno di decadenza. Ma occorre attenzione anche all’uso che ne viene fatto in senso aggressivo (“Vergognatevi!”), indice d’incapacità dialettica.

Giustizia

La giustizia viene oggi identificata con la legge, prima ancora che con l’etica. In questo senso, la giustizia serve per proteggere i deboli dai forti. I potenti ben volentieri farebbero a meno della giustizia e di dover rendere conto a qualcuno o qualcosa delle loro azioni, per poter agire come reputano più conveniente per loro. Tiranni e tirannelli cercano di far strame di tutto ciò, piegando la legge, cioè la giustizia, a loro vantaggio.

Ribellione

Quanti tipi ce ne sono! C’è quella di chi si ribella a una legge ingiusta, come quella di chi cerca di sconvolgere l’ordine a proprio vantaggio o a vantaggio della propria parte: anche quella del generalissimo Franco fu una ribellione. Ma esiste un diritto a ribellarsi? Don Milani diceva che esiste il diritto alla disubbidienza, alla quale, secondo il sacerdote di Barbiana, i cappellani militari dovevano spingere i soldati, se gli ordini ricevuti erano in contrasto con la loro etica o coscienza.

Bellezza

Alla fine, la bellezza è lo scopo di tutto. La ricerca della bellezza della vita, cioè della felicità di ciascuno, dovrebbe accomunare tutti gli esseri umani, e raccogliere la partecipazione, la collaborazione, persino la complicità di tutti. Purtroppo, anche questa parola viene usata in molti sensi limitativi, spesso in senso specificatamente consumistico. Non è vero, comunque, che la bellezza salverà il mondo, e in fin dei conti, non lo dice neppure il principe Myškin.

Scelta

Ci sono cose, nella vita, che nessuno di noi può scegliere: non puoi scegliere i tuoi genitori, né il luogo in cui nasci, come non puoi scegliere il colore della tua pelle e dei tuoi occhi. Per il resto, la libertà si nutre di scelte, e sei tanto più libero quanto più puoi scegliere: dove vuoi vivere, con chi, cosa vuoi fare nella vita, come guadagnarti da vivere, quale religione professare, se avere idee o non averne alcuna, se leggere dei libri o ascoltare della musica, se andare al cinema o a teatro, se fare sport o ballare. Per ogni scelta che non puoi fare, c’è un corrispondente deficit di libertà, che invece dovrebbe avere il solo limite della libertà degli altri.

Popolo

Quali sono i sinonimi giusti per come si intende oggi la parola popolo? Ce ne sono infinite possibilità: i cittadini, la gente, i consumatori, gli elettori e chissà quante altre. Anche per questo è così difficile parlare di volontà popolare, che molto spesso non è la volontà di tutto un popolo, quanto invece quella della maggioranza di una minoranza, dato che sempre maggiore è la quota di quelli che non si esprimono.

Spunti di riflessione
  • Secondo filologi quali Klemperer e Steiner, le ideologie competitive di ispirazione fascista, anche quando sono  meno palesemente totalitarie, impoveriscono la lingua manipolandola e usandola come un’arma.
    Occorre anche oggi la massima attenzione a questo fenomeno, ma la vera lotta ha da essere contro le ideologie competitive.
  • Le osservazioni sulla ripetizione ossessiva come stilema tipico di una lingua totalitaria figurano in Klemperer: lo stile obbligatorio per tutti era quello dell’imbonitore.
    Gli stili da cui occorre guardarsi, a mio avviso, sono anche altri, e prima di tutto quello paternalistico, che oggi, in Italia, è forse quello più pericoloso, e anche diffuso.
  • Il potere costituito su basi emotive è l’opposto della democrazia, che si fonda sulla discussione critica per arrivare alla gestione razionale di interessi contrastanti.
    Ci sarebbe anche da dire cosa si intenda con gestione razionale di interessi contrastanti, che dovrebbe basarsi sul reciproco rispetto dei diritti, ma che difficilmente riuscirà a prescindere dai rapporti di forza.
  • Ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere.
    Certo, il benessere della società non può imporre limitazioni all’individuo, ma l’inviolabilità di ciascuno non può e non deve collidere con l’inviolabilità di altri. Se ciò accade, decade il diritto alla propria inviolabilità.
  • La destra afferma oggi il liberismo come suo credo dominante (parola connessa al concetto di libertà, e dunque molto presentabile e molto attraente).
    Sulla confusione tra libertà e liberismo ci sarebbero da scrivere cento volumi, ma alla fine, si torna al dualismo tra “libertà di” e “libertà da”. Ovvio che non esiste una libertà di destra e una di sinistra, ma bisogna stare attenti alle parole che possono dar luogo a equivoci, e chiarire sempre bene quale sia il significato da attribuire. Se questo non viene fatto, bisogna diffidare di chi le usa.
  • Una visione realmente etica, umanistica, della giustizia è quella che dall’uguaglianza formale dei cittadini dinanzi alla legge procede verso l’uguaglianza sostanziale di quegli stessi cittadini, l’uguaglianza delle opportunità.
    E’ il modello di società proprio della cultura di sinistra.
  • L’obbedienza alle leggi, se lieta, se spontanea, non solo è dimostrato che non è schiavitù, ma a chi sagacemente consideri, è chiaro che è la stessa suprema libertà.
    Padre Dante.
  • Il coraggio, il rispetto di noi stessi, l’eleganza, il senso dell’umorismo inteso come attitudine morale sono le qualità che ci rendono padroni della nostra sorte.
    Sarebbe bello che fosse sempre così e così riuscire sempre a comportarsi. GC dà qui una bellissima lezione non solo di etica, ma anche di prassi comportamentale.
  • È l’enfasi di una inesistente volontà comune che permette ai populisti di semplificare, anzi di banalizzare. Se c’è una sola volontà del popolo, allora non ci sono più sfumature, non è più necessario affrontare la complessità.
    Ahimè, la semplificazione è il sogno dei pigri, degli ignavi e di chi, in generale, non sa o non vuole affrontare la complessità. E i populisti se ne approfittano alla grande, e non sarà facile controbattere questa visione. Ripeto quanto dico da molti anni: la sinistra deve lavorare per riconquistare l’egemonia culturale che aveva, ma che ha perduto. Solo così sarà possibile spiegare che semplificare sembra facile, e invece è difficilissimo.
  • Uso politico di parole elementari, volte a colpire l’istinto degli elettori, in luogo di argomenti e ragionamenti complessi.
    Si parla ancora di semplificazione, ma non di quella dura e difficile da perseguire, ma di quella fittizia, volta a imbrogliare gli sprovveduti. È un nemico terribile, che solo una cultura tanto profonda quanto diffusa può battere.
  • Il contrario di ribellione: sottomissione, obbedienza, docilità, rassegnazione, adattamento; repressione, assetto, riordinamento, smorzamento, soffocamento.
    Aggiungerei restaurazione, che non è molto in voga, ma potrebbe tornare a stretto giro.
  • Qualunque collettività politica di grandi dimensioni non può fare affidamento sulle interazioni dei suoi membri nella vita reale per creare un senso di complessiva coesione sociale.
    Ma questo è vero solo in parte. Se da un lato è pur vero che l’immaginario collettivo (le vittorie sportive, le grandi tragedie naturali) possono dar luogo alla coesione, anche una cultura comune e riconosciuta tale può fornire lo stesso risultato. Ma è difficile, nell’Italia di oggi, pensare di trovarla: ce l’aveva più nel XIX secolo, intorno a figure come Giuseppe Verdi.
  • Nell’alternanza fra doni (ciò che si riceve gratuitamente dagli altri) e doveri (ciò che si fa gratuitamente per gli altri) si colloca il potenziale del concetto di comunità, la sua capacità di contenere la prospettiva di un futuro diverso.
    Parliamo dunque di comunità. E incominciamo a vedere in questo concetto non solo un insieme di persone, ma anche tutta la nutrita serie di legami che tra queste persone si stabiliscono.
  • Comunità è un concetto frattale. Una comunità si può comporre di soli individui nelle sue dimensioni più elementari, come di individui insieme ad altre comunità diverse, ma integrate fra loro, nelle sue manifestazioni via via più complesse.
    Non so se qualcuno abbia già intrapreso lo studio della comunità umana attraverso i metodi della matematica dei frattali, e non so se questo abbia già portato a dei risultati. Quel che credo di sapere è che tale interpretazione ha bisogno di essere accompagnata da una spinta etica importante, per non incorrere nel pericolo di trovarci domani su strade impreviste.

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