Danubio

Libro di Claudio Magris del 1986

Libro, niente altro che libro: un grande classico, pubblicato da Garzanti nel 1986 (470 pp, 14 € nella ristampa paperback del 2006), da taluni presentato come raccolta di racconti. Non è un saggio e non è un romanzo e non è una raccolta di racconti, o forse è l’uno e l’altro e l’altro ancora. Non è neppure un libro di viaggio, quanto piuttosto quello di molti viaggi, che sono stati poi disposti non in senso cronologico, ma in senso geografico. Non è “on the road”, ma “along the river”, e the river è il Danubio, il secondo fiume d’Europa, ma il primo per gli avvenimenti storici che lo hanno visto protagonista o testimone, e il cui fluire richiama il flusso della vita più di altri fiumi, per il fatto di attraversare tanti paesi e perciò tante frontiere, e di essere stato il percorso di tanti viaggi non solo reali, ma anche mitologici o simbolici.

Claudio Magris, dunque, percorre il Danubio dalle sue sorgenti presso la foresta Nera, fino al grande delta con cui sfocia nel mar Nero di fronte al Caucaso, terra d’origine delle stirpi europee; il percorso che attua è solo apparentemente lineare: attua piuttosto una linea chiusa, in cui si parte dall’incertezza delle sorgenti, oggetto di rivendicazioni diverse, e si arriva all’incertezza della foce, divisa in un numero insondabile di bocche grandi e piccole. Di ogni tratto, di ogni città o borgo che incontra, cita personaggi, fatti e monumenti, racconta le loro storie ed espone la sua opinione, che è quella di un grande studioso. Così facendo, tesse una trama di citazioni e commenti, nei quali parla della civiltà e dell’anima danubiana e di quella mitteleuropea, e la sua attenzione viene prevalentemente attratta da quanto riguarda la letteratura e da quello che discende dalla presenza di popolazioni di lingua tedesca, cosa che non può meravigliare nessuno, vista la profonda conoscenza di Magris delle letterature in quella lingua. Flussi e riflussi storici hanno condotto popolazioni germaniche avanti e indietro lungo il grande fiume, lasciando ovunque profonde tracce; si accentua così la circolarità del racconto, che vede queste tracce influire sulle culture locali e queste, a loro volta, tornare a influenzare storia e letteratura fino a Vienna e ancora più a monte.

C’è un continuo richiamo allo spirito del mondo, che corrisponde allo spirito del tempo di Hegel e nella successiva ricerca filosofica. Si raggiungono le vette più alte di questo richiamo nel paragrafo dedicato a György Lukacs, e non si capisce più se l’autore si arrenda a uno spirito del mondo mutevole o se si schieri per un suo significato immutabile. Ma poi, supera tutto, dicendo metaforicamente che le pretese si limitano a poter marinare qualche volta la scuola ma conservando il rispetto per l’istituzione, cioè traendo le proprie gioie da piccole cose.

Si può rilevare un uso singolare e singolarmente frequente della parola persuasione, che probabilmente, nel vocabolario di Magris, è sinonimo di convinzione, e quindi ha un significato statico diverso da quello dinamico corrente. Bisognerebbe comunque chiederlo a lui.

Inutile cercare in queste righe di citare luoghi e personaggi, perché solo un’edizione critica del libro stesso potrebbe indicarli in maniera puntuale ed esauriente. Forse, sarebbe davvero bene che qualcuno la facesse, quell’edizione critica, sia per ovviare alla complessità del libro, sia per avviarne lo studio nelle scuole. Tra gli scrittori italiani, Magris è uno dei pochi a meritarlo.

Commenterò in un altro documento qualche brano che mi ha particolarmente colpito per la sua attualità o profondità e, in qualche caso, ma non necessariamente, per la sua bellezza, e sui quali ho qualcosa da aggiungere. Però, sono molti i punti assai belli su cui non potrò soffermarmi, per non mettermi a scrivere quell’edizione critica per la quale non sono attrezzato né culturalmente, né metodologicamente. Io sono contento di averlo letto con attenzione e di averne tratto qualche spunto.

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