Dante

Il saggio di Alessandro Barbero

Lo storico più popolare del momento, Alessandro Barbero, traccia un disegno ricco della vita di Dante come uomo del Medioevo, che, naturalmente, non sapeva di esserlo, ed era quindi soltanto un uomo del suo tempo tout court. Per Lui, ovviamente, il trecento era il massimo della modernità, e noi non dobbiamo mai scordarcelo, perché è un secolo che a Dante non piaceva, vedendolo pervaso di corruzione e di decadenza, in contrapposizione all’epoca precedente, quando ancora i liberi comuni non cedevano alle signorie e i cittadini godevano, secondo Lui, della migliore libertà che il genere umano avesse conosciuto.

AB segue Dante nella sua adolescenza di figlio di un cambiatore, cioè di un usuraio, che aspira ad appartenere al mondo delle persone “gentili”; lo segue poi nei vagabondaggi dell’esiliato che scopre la varietà dell’Italia del Trecento, superiore anche a quella delle epoche successive. Non si tace sull’incertezza della ricostruzione di ampi tratti della sua vita: AB presenta in modo documentale e documentato gli argomenti pro e contro le diverse ipotesi, frutto meticoloso della sua ricerca fatta sulle fonti, ma anche e forse soprattutto sul molto che su Dante già è stato scritto da altri, dando giustamente la preferenza a quelli che erano più vicini all’epoca del Poeta, come Giovanni Boccaccio e Leonardo Bruni, senza disdegnare Piero, figlio di Dante.

Sono tuttavia presenti le contraddizioni, i ripensamenti del Poeta nel corso del suo esilio, la sua disponibilità a riconoscere torti che è certo di non avere, ma la sua indisponibilità ad accettare l’umiliazione, per cui si assiste a una fase dimessa, ma poi di nuovo a una fase arrabbiata, per terminare con una semplicemente rassegnata.

Dai testi originali di cui AB parla, e da quello che mutua da quanto altri ne hanno scritto, nasce una sorta di romanzo in cui le vicende della vita di Dante sono narrate per mezzo di una documentazione ricchissima, nella quale a volte è difficile orientarsi, e si sente la mancanza di qualche sinottico esplicativo; ma questo esula dal lavoro del divulgatore. AB fa invece sfoggio della propria cultura: gli piace stupire, e cerca di farlo ogni volta che può. È brillante, si pregia di esserlo, e anche la sua prosa lo è, ed è gelido il suo umorismo, quando dice che la baratteria era l’incubo della vita politica italiana, ma, ben s’intende, nel medioevo!

AB nomina luoghi anche assai poco conosciuti e persone che ben poca traccia hanno lasciato nella storia, e che mai avrebbero pensato di essere nominati in un libro scritto settecento anni dopo la loro dipartita. Stupiscono i nomi, come quello di Preitenitto figlio di Cacciaguida, ma anche Lapa, seconda moglie di Alighiero, padre del Poeta, e poi Burnetto e Drudolo, zii di Dante, sua sorella Tana e molti altri. Ma accanto a essi, ci sono anche i grandi del medioevo italiano: Boccaccio e Petrarca, Giovanni Villani e Dino Compagni, Galeazzo Visconti e Farinata degli Uberti, Cangrande della Scala e Uguccione della Faggiola, i Malaspina di Sarzana, i Da Polenta di Ravenna, i conti Guidi del Casentino, i Cerchi, i Donati, papi e re. Se non ci si perde in tanta ricchezza, la lettura di questo libro (Laterza, 19 €, 270 pagine di testo, 60 di note e 30 di bibliografia e indice dei nomi) è piacevole e alla fine ci si sente più vicini al Poeta.

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