Crudezza

Romanzo di Stefano Orsolini

Ampolloso e noioso.

Due giovani provenienti da famiglie incasinate raccontano la loro storia, alternandosi con un capitolo per ciascuno, con l’estraniazione dalla realtà che scende progressivamente, per poi avere una brusca risalita, fino al finale tragico, con le attività quotidiane completamente ignorate dall’inizio alla fine.

Due punti interessanti non bastano a risollevare il lavoro:

  • “Siamo fatti così. Cerchiamo di essere unici, ma non troppo. Vogliamo distinguerci, ma al tempo stesso cerchiamo approvazione. Vogliamo essere diversi, ma essere accettati…”
  • “Dentro di lei la mia personalità aveva trovato la sua culla, dentro di lei aveva trovato accoglienza, comprensione. Era qualcosa di estremamente più profondo dell’approvazione. L’approvazione è terribilmente superficiale.”

A parte lo stile terribilmente pesante, traspare una lieve contraddizione fra la ricerca dell’approvazione e il suo superamento, per cui mi sento di dire che mi ritrovo nella prima citazione, mentre la seconda ha una valenza più strettamente intima, che non mi riguarda. Chissà chi riguarda.

La tragedia incombe sempre, il linguaggio è faticoso, l’edizione non esente da pecche. Meglio destinare ad altro i 12 € del prezzo (Ed. Pagliai, 230 pp).

Un’annotazione: i capitoli in cui lui si esprime assommano a 128 pagine, quelli di lei, 99 pagine. Significherà qualcosa?

Forse, Orsolini dovrebbe scrivere poesie. Quanto ai suoi studi di psicologia, uno psicoterapeuta dovrebbe avere fra i suoi compiti quello di distogliere i suoi pazienti dall’autodistruzione, non quello di portarceli.

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