Economia sentimentale

di Edoardo Nesi

“Mi rendo conto d’essere ancora vittima dell’antico tic di identificare il lavoro con l’industria, e l’industria con la manifattura, e la manifattura con le piccole aziende”. Questo confessa il Nesi a pag. 37 di questo suo lavoro, e sottolineo lavoro, proprio per prendere le distanze dal quel tic, il quale ritorna più e più volte, nel corso del libro, e mai Nesi se ne distacca, e gli fa da velo a molte cose che intuisce, ma non sviluppa.

L’argomento è l’economia, ma meglio sarebbe dire il lavoro, al tempo del coronavirus, e il protagonista è lo scrittore stesso che cita, colloquia, argomenta, analizza sempre dal punto di vista di cui sopra, ma allo stesso tempo, ricorda alcune figure del suo passato, in primo luogo quella del padre, ma anche quelle di persone che ha conosciuto nel corso della sua doppia o tripla vita: la vita da tessitore, quella da scrittore e quella da politico.

Fra queste figure, proseguendo con un abbozzo di analisi puntuale del libro, emerge quella del Carpini, un tessitore artista/artigiano che non accettava che si discutesse sul prezzo dei suoi manufatti e quando il suo prezzo veniva contestato, vedeva in questo un chiaro segno di una decadenza ineluttabile. Insomma, per lui il mercato era una nemesi.

Nesi riprende anche la vecchia discussione su innovazione e occupazione: l’innovazione sottrae posti di lavoro? Per lui non ci sono dubbi, ne sottrae, e ha parole dure per quelli che la pensano diversamente. Per me, vale la vecchia risposta: sottrae posti di lavoro non qualificati e ne genera di qualificati, e sta a noi adeguare la forza lavoro a esigenze diverse; si tratta insomma di fare innovazione senza subire quella degli altri: se questo non accade, la decadenza sopravviene inevitabile. Per evitare che questo accada, occorre fare scienza, ma evidentemente per Nesi fare scienza non è neppure un lavoro, con buona pace di tutti i ricercatori del mondo.

Insomma, Nesi vede una sola faccia del prisma, e nega che ce ne siano altre. In questo, è “de coccio” come un terrapiattista.

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