Bandito

Romanzo di Selma Lagerlöf del 1918

La scrittrice svedese, vissuta dal 1858 al 1940, è stata la prima donna a vincere il premio Nobel per la letteratura, nel 1909. La seconda sarà Grazia Deledda, 17 anni dopo. Nel suo Paese, Selma Lagerlöf è tuttora considerata una figura di primissimo piano.

Il promettente bambino svedese Sven, nato da una famiglia povera della costa ovest, viene affidato a una coppia di Inglesi e da questa allevato e istruito nel migliore dei modi. Ma in una spedizione polare, Sven si macchia di un terribile misfatto, e la famiglia inglese lo caccia. Rientrato in Svezia con quella cattiva fama, subisce l’ostracismo di tutti, eccetto che dei genitori. Dal profondo nord del paese, per motivi diversi, due giovani donne scendono al sud l’una per seguire il marito parroco, e l’altra per seguire una missione spirituale. Le storie, quella di Sven e quelle delle due donne, si intrecciano nel quadro delle vicende che vedono la Svezia neutrale nella Grande Guerra, ma non per questo estranea a ciò che ruota intorno al conflitto. Il colpo di scena finale è potente, ma molto tirato per i capelli: dovrebbe essere un lieto fine, e non lo è.

Il romanzo risente del periodo: è scritto in maniera ridondante, quasi dannunziana, e a tratti fa un po’ rabbia che si dilunghi senza necessità. Anche le filippiche sulla vita e la guerra appaiono eccessive e stonate rispetto al gusto di oggi. Ciò non toglie che alcuni aspetti salienti siano molto belli:

  • Un pensiero del parroco: “Una volta hai bandito quest’uomo dalla tua chiesa perché aveva fatto violenza a un morto, e tu che l’hai condannato, vorresti ora fare violenza a un vivo?”
  • Sui costruttori di mine: “Se uno pensa che è sbagliato violare un morto, deve anche pensare che è mille volte peggio costruire strumenti diabolici che distruggono i vivi”.
  • Da una guerra all’altra: “Tra qualche anno magari il ricordo della tristezza, della devastazione e del dolore di questa guerra potrebbe essere dimenticato, e quando arriveranno nuove generazioni, potrebbero di nuovo partire in guerra con spirito battagliero. Spetta dunque a noi rendere il disgusto per la guerra così connaturato al pensiero umano che nessun discorso sull’onore o l’eroismo possa più soffocarlo”.

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