Delitto e Castigo

Romanzo di Fëdor Michailovic Dostoevskij del 1866

Non sono così presuntuoso da considerarmi in grado di commentare Delitto e Castigo, e mi limito perciò a poche considerazioni.

Una serie di personaggi straordinari popola il romanzo. Il protagonista Raskol’nikov è tanto esaltato, quanto inconcludente, e sempre sceglie la strada peggiore, ma alla fine si ravvede. I tre personaggi positivi, Dmitrij, Dunja e Sonja, sono un po’ ingenui, ma sempre leali e, quando necessario, decisi. I due personaggi negativi, Lužin e Svidrigajlov, sono meschini ed egoisti, con il secondo più contraddittorio del primo. Il giudice Porfirij Petrovič sembra il tenente Colombo, che forse a lui si ispira, e i funzionari di polizia sono l’uno il contrario dell’altro. Ma il vero protagonista è la città, con i suoi contrasti profondi tra chi può e chi non può e con l’abissale differenza tra la vita che qui si conduce rispetto a quella delle città più piccole e delle campagne russe. Altrove, i contrasti sono minori, e tutto è più sopito; qui, tutto potrebbe esplodere, ma lo farà solo molti anni dopo, nel 1905.

C’è appunto uno spaccato della società di Pietroburgo, capitale della Russia zarista, ma allo stesso tempo città di confine che risente della vicinanza dell’Europa centrale asburgica e guglielmina. FMD ci mostra come a dividere tra loro le classi fosse il privilegio: privilegi grandi e piccoli separavano tra loro le classi agiate e quelle misere, e l’arrampicata sociale agognata  altro non era che la caccia a un privilegio da conquistare. In questo, la società italiana di oggi non è neppure tanto diversa. Intendiamoci: il livello è infinitamente migliore, ma esiste ben salda nella mentalità la ricerca di un conoscente, di un mallevadore che ti permetta di fare qualcosa che altri non possono,  per ottenere un posto, avere una pensione, evitare una tassa, ecc. Ottenere un favore, un aiuto, un privilegio, insomma, anche se non lo meriti. In un Paese normale, non dovrebbe mai essere così.

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