Sono musulmano, non terrorista

Una lettera e un commento

“Ho sempre pensato che credere o non credere sia una cosa strettamente personale, ma parto dal dirvi che io credo, così sarà più semplice dare senso a quello che sto scrivendo”.

Incomincia così la lettera di un lettore islamico comparsa su la Repubblica il 3 maggio. E poi, tra l’altro, dice: “Anche le donne ho conosciuto. Le prime sono state quelle della mia famiglia. E comandano loro. Altroché!”. Una lettrice non sprovveduta, intervistatrice Doxa, commenta tale affermazione con queste parole: “La condizione della donna è di totale remissività all’uomo, acquisita fin da piccole come cultura familiare”.

In questo commento ravviso almeno due errori: primo, non riconoscere che l’islam è una realtà plurale, con differenze abissali non solo da paese a paese, ma anche da famiglia a famiglia. Secondo, non riconoscere che esiste una doppia logica, una interna ed una esterna alla famiglia.

Il primo errore porta a generalizzare una situazione che è sicuramente reale, ma che è tutt’altro che uniforme. Io posso testimoniare che esistono famiglie di religione islamica nelle quali la venerazione per l’anziana madre è profonda e profondamente sentita, meglio che da noi, dove gli anziani a volte sono più sopportati che amati, e posso testimoniare che esistono famiglie in cui la donna dirige la famiglia esattamente come accade da noi. Allo stesso modo, posso testimoniare che l’abito nero delle donne, quando c’è, risponde più a una cultura familiare e regionale che a un precetto religioso, e che persino in Arabia Saudita, che per mia esperienza è il paese più arretrato, nelle grandi città si vedono donne vestite con abiti tanto morigerati quanto colorati. Per noi, è curioso vedere una donna vestita quasi come una suora circondata da tre o quattro bambini che lei ha generato, ma per altri è la normalità, e le radici vanno cercate nella singola famiglia, senza cadere nell’errore di generalizzare.

Il secondo errore nega che all’interno della famiglia possano accadere cose che non appaiono all’esterno. Spesso, la famiglia islamica si presenta all’esterno come un corpo compatto, con gerarchie precise e scarsamente dinamiche, ma questo non significa che le cose vadano di pari passo nel chiuso delle mura domestiche. Sicuramente, ci sono famiglie nelle quali la dinamica interna è ancor più pesante di quel che si vede da fuori, cosa che del resto accade, ahimè, anche in molte altre famiglie non islamiche, ma spesso all’interno delle mura domestiche queste gerarchie saltano, per far posto a dinamiche diverse, non dissimili da quelle che si riscontrano altrove. E poi, diciamocelo francamente: questi pregiudizi hanno resistito per decenni anche a riguardo della società delle regioni meridionali dell’Italia, e solo negli ultimi tre/quattro decenni si sono sciolti come neve al sole. Ci vorrà un po’ di tempo ancora, ma la stessa cosa accadrà anche con le famiglie islamiche.

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