Sul patriarcato

Origini e futuro del patriarcato

Dice Friedrich Engels (L’origine della famiglia, 1884) che c’è stato un tempo in cui vigeva il matriarcato e che il passaggio al patriarcato coincise con il passaggio dalla pastorizia all’agricoltura. Si parla di un tempo molto antico (ma con rilevanti differenze tra le varie parti del mondo) in cui la principale attività, o comunque quella che meglio di altre garantiva la sopravvivenza, non fu più la pastorizia. Fino a quel momento, essa (la pastorizia) aveva offerto i suoi frutti senza particolari problemi di corporatura fisica di chi la praticava e questo aveva generato una società matriarcale: il ruolo della donna nella riproduzione della specie le garantiva questa centralità. Con il passaggio all’agricoltura, la più forte vigoria del genere maschile diventò importante, e sorse anche un altro problema di grande importanza: dall’ereditarietà per linea maschile della proprietà della terra discese il concetto di certezza della paternità, fino a quel momento secondaria. Ne derivò la fine della libertà sessuale della donna, ma non di quella dell’uomo. Tutto questo dice Engels.

A questo punto dobbiamo chiederci: ma la maggior vigoria fisica del genere maschile come è nata? È venuta da una evoluzione, o preesisteva? Era certamente già presente, per essere causa di una trasformazione di tale portata, per essere decisiva in quella fase. E allora, appare logico cercarla nel dimorfismo sessuale delle scimmie antropomorfe, già visibile nello scimpanzé ed evidente nel gorilla, nel quale il maschio ha peso più che doppio rispetto alla femmina, 200 kg per l’uno e 90 per l’altra.

I paleontologi avevano individuato, nei decenni scorsi, le tracce di bipedi (ominidi) più piccoli che ricalcavano le impronte di altri più grandi impresse nelle rocce nate da ceneri vulcaniche, e avevano pensato a individui giovanissimi che seguivano i passi dei loro genitori; oggi si pensa che fossero individui di genere femminile che seguivano quelli di genere maschile, dalla corporatura più massiccia. E allora non ci vuol molto a convincersi che il patriarcato, attraverso molti passaggi intermedi, non sia altro che lo sviluppo del dimorfismo sessuale dei nostri lontani antenati: dal dimorfismo sessuale delle scimmie antropomorfe, al passaggio dalla pastorizia all’agricoltura, alla società patriarcale.

Quando finirà il patriarcato? C’è da pensare che finirà solo quando l’evoluzione si sarà completata e le tracce del vistoso dimorfismo sessuale della preistoria saranno scomparse dalla specie homo sapiens, ma nel frattempo è necessario pensare a cosa fare per superarne o attenuarne le conseguenze. Se consideriamo che la civiltà di un Paese si valuta osservandone scuole, ospedali e luoghi di pena, possiamo anche delineare qualche provvedimento, senza pretendere di dare lezioni a nessuno, ma solo di prendere un po’ di appunti:

  • Evitare di scrivere la storia dando prevalente risalto alle attitudini maschili: la storia non è solo un elenco di guerre e condottieri;
  • Contrastare il fenomeno del bullismo che si sta diffondendo anche al femminile, ma che è nato come affermazione del maschio prevaricatore;
  • Dedicare maggiore attenzione alla salute della donna, valutandone con cura le diversità; non si tratta solo di maternità e oncologia;
  • Salvaguardare la dignità della donna sottoposta alla privazione della libertà personale;
  • Aggiornare tutte le leggi tagliate su misura per l’uomo.

Poi, ci sono gli aspetti di civiltà e mentalità: assistiamo al fenomeno di una maggiore sicurezza di sé dei ragazzi rispetto alle ragazze, pur con molte eccezioni, e quando questa sicurezza non ci sia, i maschietti si trovano spesso a fingerla, diventando con questo ancora più pericolosi. È un fenomeno diverso dal bullismo, perché questo si esplica nel gruppo, mentre la mentalità opera anche nella solitudine. Qui, non c’è istituzione che tenga, il lavoro lo devono fare i genitori e nessuno può sostituirli, ma nei tempi che viviamo, con i genitori impegnati a correre, correre e ancora correre, questo compito diventa difficile, e allora subentrano i compiti delle istituzioni, che devono creare le condizioni per evitare, nei limiti del possibile, queste difficoltà. Come si possa fare, non lo chiedete a me: non sono in grado di fornire ricette.

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