La bella confusione

Francesco Piccolo fra Visconti e Fellini

Come nasce la passione per il cinema di Francesco Piccolo? Ecco che l’autore di Caserta ce lo racconta, e nel raccontarcelo ci parla di due film nati nel 1963, un anno prima che lui venisse al mondo. Sono due grandi capolavori girati in contemporanea in due diverse regioni d’Italia: Il Gattopardo di Visconti, girato in Sicilia, e Otto e Mezzo, di Fellini, girato negli studi romani di Cinecittà. A unirli, oltre al momento storico e alla feroce rivalità tra i due registi, la presenza in entrambi di Claudia Cardinale nello splendore dei suoi venticinque anni.

Era nata dieci anni prima la sorda rivalità tra i due registi, a seguito dei successi di La Strada di Fellini e di Senso, di Visconti, con la stampa italiana schierata con l’uno e con l’altro in base alle posizioni politiche: la sinistra per Visconti e la balena bianca tiepidamente a fianco di Fellini. Ma poi accadono molte cose: in particolare, a sinistra si contesterà pesantemente il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958 per i tipi di Giangiacomo Feltrinelli e vincitore del Premio Strega l’anno seguente. Si dirà che il romanzo è nostalgico, non tanto del fascismo, quanto di un’epoca ancora più lontana, e quando sarà Visconti ad affrontare la riduzione cinematografica, gli si chiederà di rimettere le cose a posto. Ma anche Visconti, anzi, Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo, ha qualcosa da rimpiangere, si riconosce nel principe di Salina, e parlerà di se stesso, piuttosto che fare quanto gli viene richiesto.

Anche Fellini parla di se stesso, dei suoi sogni e delle sue donne, cioè del suo cinema, popolato da Gelsomina, Carla, la Saraghina, la ragazza delle terme, e poi la Gradisca e la tabaccaia di Amarcord, ma anche Giulietta Masina, Anna Giovannini, Sandra Milo e chissà quante altre. È un regista, il protagonista di Otto e Mezzo, un regista che non sa che film fare e che si dibatte con se stesso. E la conclusione è che anche questo di Fellini, come il quello di Visconti, sarà un film autobiografico. Visconti parla della decadenza di un’aristocrazia di cui fa parte; Fellini mette in scena quel che ha dentro in maniera aperta, quasi spudorata. Entrambi vanno alla ricerca del tempo perduto, ed entrambi generano “dei film decadenti che hanno al centro dei personaggi decadenti, che si pongono il problema della fine di un’era”.

Ma anche Francesco Piccolo parla tanto di sé medesimo, di come è cresciuto e di quali conflitti ha affrontato. Dice una cosa impegnativa, sulla quale probabilmente ha ragione: non si può riconoscere il capolavoro al suo apparire; il capolavoro ha bisogno di affrontare il tempo, e solo se riuscirà a superare gli ostacoli che troverà potrà essere coronato d’alloro. I contemporanei possono riconoscere il buon libro, il buon film, la bella commedia, ma solo i posteri potranno decretare l’esistenza di un capolavoro capace di mantenere il suo equilibrio quando il mondo cambia. Questi due film lo sono.

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