Tiziano Terzani: indovini e televisione

“Eppure il problema c’è ed è di tutti. Tutti dobbiamo chiederci, e sempre, se quello che stiamo facendo migliora e arricchisce la nostra esistenza. O abbiamo tutti, per qualche innaturale deformazione, perso l’istinto per quello che la vita dovrebbe essere, e cioè soprattutto un’occasione di felicità? E allora! Sono felici oggi gli abitanti del Kengtung, riuniti in famiglia a parlare attorno ai piatti della cena, o lo saranno di più quando anche loro trascorreranno la serata, ebeti e ammutoliti, dinanzi ad uno schermo televisivo? So bene che, a chiederglielo, loro stessi risponderebbero: meglio la televisione! Ed è proprio per questo che vorrei vedere almeno un posto come Kengtung retto da un re filosofo, da un bonzo illuminato, da un qualche visionario che cercasse una via di mezzo tra l’isolamento-stagnazione e l’apertura-distruzione …”

“Raramente l’umanità è stata, come in questi tempi, priva di figure portanti, di personaggi luce. Dov’è un grande filosofo, un grande pittore, un grande scrittore, un grande scultore? I pochi che vengono in mente sono soprattutto fenomeni di pubblicità e marketing. La politica, più di ogni altro settore della società, specie quella occidentale, è in mano ai mediocri, grazie proprio alla democrazia, diventata ormai un’aberrazione dell’idea originale, quando si trattava di votare se andare o no in guerra contro Sparta e poi di andarci davvero, andarci di persona, magari a morire. Oggi, per i più, democrazia vuol dire andare ogni quattro o cinque anni a mettere una croce su un pezzo di carta ed eleggere qualcuno che, proprio perché deve piacere a tanti, ha necessariamente da essere medio, mediocre e banale come sono sempre tutte le maggioranze. Se mai ci fosse una persona eccezionale, qualcuno con delle idee fuori del comune, con qualche progetto che non fosse quello di imbonire tutti promettendo felicità, quel qualcuno non verrebbe mai eletto. Il voto dei più non l’avrebbe mai …”

“Angela dice che, se dovesse eliminare una delle invenzioni di questo secolo, ancor prima della bomba atomica, eliminerebbe la televisione. Non ha tutti i torti. La televisione riduce la nostra capacità di concentrazione, ottunde le nostre passioni, ci impedisce di riflettere, imponendosi come il più importante, quasi il solo, veicolo di conoscenza. Eppure, nessuna verità è più falsa di quella della televisione che, per sua necessità, trasforma ogni avvenimento, ogni emozione in uno spettacolo; con il risultato che nessuno riesce più a commuoversi o a indignarsi per qualcosa. Attraverso la televisione abbiamo immagazzinato milioni di informazioni, ma siamo diventati moralmente ignoranti …”

Quelli trascritti qui sopra sono alcuni brani di “Un indovino mi disse”, il capolavoro di Tiziano Terzani. Non condivido al 100% gli scritti di Terzani, ma offrono tuttavia eccezionali spunti di riflessione, anche perché questo libro è stato pubblicato nel 1995 su appunti del 1993, cioè prima che, in Italia, il peggio incominciasse. Personalmente, sono molto grato alla televisione, perché dalla televisione ho imparato molto. A casa mia, c’è da moltissimo tempo: ricordo ancora la paura che ebbi a vedere le immagini del primo Sputnik, nel 1957. Ma questa di oggi non è la televisione che ha accompagnato la mia crescita: è una televisione che non sa coniugare intelligenza e leggerezza, come dovrebbe essere. La leggerezza di questa televisione è quasi sempre sciocca, e la sua intelligenza, quando c’è, è pesante e non si fa guardare, almeno non da quelli come me, che non hanno più voglia di soffrire davanti alle immagini che vengono dal mondo. Secondo me, la crisi della politica, la sua mediocrità, è una conseguenza diretta di questa televisione, del fatto che così tanta parte della politica venga fatta in televisione e tanti ricevano informazione politica solo dalla televisione. D’altra parte, le figure importanti vanno a lavorare dove c’è un potere da gestire, ed oggi il potere non sta più in quella che Pietro Nenni chiamava la stanza dei bottoni, ma in altre stanze ancora più inaccessibili. E se le figure importanti si dedicano ad altro, alla politica non possono che restare i mediocri, come purtroppo vediamo ogni giorno.

No! Il dibattito no! diceva Nanni Moretti in Ecce Bombo, e questo può essere applicato a quasi tutto quello che si fa in televisione, ma il rifiuto del dibattito non è un rimedio. Il rimedio starebbe invece in ciò che coniuga intelligenza e leggerezza, ma, visto che non si può andare sempre a disturbare un genio di 86 anni come Dario, si può apprezzare anche l’intelligenza di un Marco Paolini o di un Michele Serra e di chissà quante altre persone ignote ai più. Non quella di un Roberto Saviano, che non sa sorridere, e tanto meno in quella di Beppe Grillo, che sa dire solo quello che non vuole. Anche Montale diceva:

Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Ma lui lo scriveva come poeta che non vuole presentarsi come possessore di verità tanto assolute quanto fittizie. Tutta un’altra cosa. Anzi, tutto il contrario: l’umiltà al posto della prosopopea; il “so di non sapere”, al posto del “ghe pensi mi’”.

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