Romanzo di Lev Nikolàevič Tolstòj
Uno straordinario capolavoro, quello di Lev Tolstòj, con tre libri in uno, tra loro strettamente intrecciati.
La storia di due famiglie
Il primo argomento è quello della storia di due famiglie, i Bolkonskij e i Rostov, con il protagonista del romanzo, Pierre Bezuchov, nel ruolo di anello di congiunzione. Andrej Bolkonskij, vedovo della prima moglie, vorrebbe sposare Nataša Rostova, ma muore per le ferite riportate in battaglia. D’altro canto, Nikolaj Rostov dovrebbe sposare la cugina orfana Sonja Rostova, che però è priva di dote, e viene convinto dalla madre a sposare Marja Bolkonskaja per rinsaldare le sorti della famiglia. Sarà poi Pierre, a sua volta vedovo della bella e intrigante Helena Kuragina, a sposare Nataša.
Le guerre napoleoniche
Il secondo argomento è quello delle guerre napoleoniche, quella che LT chiama la spinta da occidente a oriente. Le alleanze si fanno e si sciolgono, gli amici di oggi diventano nemici domani e coinvolgono le potenze europee a cavallo dei due secoli, il 18° e il 19°: Francia, Austria e Russia in primis, con l’Inghilterra saldamente padrona dei mari e la Prussia emergente tra gli stati tedeschi. Napoleone, debole sui mari, appare invincibile sulla terra, ma quando muoverà guerra in territorio russo, le cose non saranno semplici: chi ha vinto a Borodino? Probabilmente i Russi, almeno secondo LT, ma il principe Kutuzov deciderà comunque di ritirarsi e di lasciar entrare a Mosca le armate napoleoniche. Esse non sapranno fare altro che dedicarsi al saccheggio che le perderà, non diversamente dagli ozi di Capua. Per LT, Napoleone è frutto del caso: lampi di genio in battaglia, un ego smisurato, ma complessivamente una persona mediocre, che fugge dall’Egitto abbandonando il suo esercito.
Il libero arbitrio
Il terzo libro è quello in cui LT riflette sull’anima dell’uomo e sul libero arbitrio, su come le decisioni maturano e su come si subiscono. Incomincia con la “storia della storia”, con gli storici antichi che, come i loro popoli, credevano nell’intervento diretto delle divinità nelle vicende terrene e poi con gli storici più moderni che vedevano i grandi avvenimenti frutto del genio di persone particolari, ma che si trovavano a dover ammettere che anche qualcos’altro determina le vicende umane. Questo qualcosa viene individuato da LT nel potere, inteso come rapporto di dipendenza fra le scelte di una persona e il loro compimento da parte di altre persone, secondo una struttura piramidale dove il condottiero sta al vertice e alla base ci sono gli esecutori materiali. Ma il concetto di potere non è semplice: per esempio, se può esser vero che il potere è una delega di un popolo al suo leader, cosa succede quando il leader viene soppiantato da un altro? La delega si trasferisce sic et simpliciter? Ovviamente, no. E poi, il leader, comunque designato, non agisce mai in prima persona: se il potere viene delegato dal basso, l’azione viene invece decisa dall’alto, e attuata attraverso persone che, nel loro libero arbitrio, abbiano il desiderio o la necessità di agire secondo le indicazioni del potere. Dice LT: “La presenza, sia pure inespressa, di questo problema del libero arbitrio dell’uomo si fa sentire ad ogni passo della storia. …Ma, apprendendo che la sua volontà è sottoposta a certe leggi, non lo crede e non può crederlo”, perché dentro di sé egli si sente libero del proprio futuro. Quali sono dunque queste leggi? Nei tempi lunghi, nei millenni, quelli che prevalgono sono gli istinti naturali dell’essere umano: l’istinto di sopravvivenza e quello di riproduzione. Sono questi gli istinti che guidano le grandi migrazioni delle genti, le quali si indirizzano verso aree dove è meno difficile procurarsi il cibo e più facile allevare la propria prole. In tempi più brevi, si aggiungono, e possono persino diventare prevalenti, quelle create dagli stessi esseri umani, da seguire per non incorrere in problemi importanti, ma sempre intrecciate con quelle naturali.
Se ora si dovesse scavare nel vero pensiero dell’autore, vengono in mente quattro parole:
La Russia
L’Impero russo, nel XIX secolo, non è più il centro del mondo come lo era per le generazioni russe precedenti, e la nobiltà russa appare in tutta la sua meschinità. Due soli sovrani sono messi in evidenza nel romanzo: Ivan IV, primo a fregiarsi del titolo di Zar, e Alessandro I, sempre fermo nella sua idea di fare della Russia l’elemento preponderante della vita politica dell’Europa; LT non esita a parlare dei limiti di entrambi. Rimangono alla Russia il dominio sull’Oriente e il suo popolo. Posso aggiungere che, concluso l’intervallo del comunismo sovietico, durante il quale comunque non si è interrotto il predominio dei russi su tutti gli altri popoli dell’unione, sembra oggi tornato tutto come prima, ma con una borghesia rapace al posto di un’aristocrazia inetta.
L’Europa
L’Europa è per LT l’angolo nord occidentale del grande continente, nel quale si contrappongono due spinte, una da occidente e una da oriente. È ovvio che dall’epoca napoleonica a oggi, queste due spinte sono cambiate più volte nel verso e nei modi di esprimersi, ma ci sono ancora. Quale prevarrà alla fine? O continueranno a esserci a tempo indefinito? Proviamo a farci aiutare da Fëdor Dostoevskij, il quale, nel suo acclamato discorso per l’inaugurazione del monumento ad Aleksandr Pushkin a Mosca, il giorno 8 giugno del 1880, meno di un anno prima di morire, diceva: «E in futuro, io ci credo, noi, cioè, naturalmente, non noi, ma i russi che verranno, si renderanno conto che diventare un vero russo significherà esattamente questo: cercare di riconciliare definitivamente le contraddizioni europee, indicare la via d’uscita alla tristezza europea, che è nell’animo russo, universale e unificante, accogliere in esso con amore fraterno tutti i nostri fratelli, e alla fine, forse, pronunciare l’ultima parola della grande, comune armonia, del fraterno accordo finale di tutte le stirpi secondo la legge evangelica di Cristo! So bene che le mie parole possono sembrare entusiastiche, esagerate e fantastiche. Sia, ma non mi pento di averle pronunciate». Nelle parole di FD c’è uno straordinario ottimismo, finora smentito dai fatti. Forse, in un lontano futuro, potrebbe anche avvenire il contrario, e che sia l’Europa occidentale a redimere i Russi, ma, nell’uno e nell’altro caso, difficilmente ci potrà essere una grande, comune armonia.
L’amore
Nel romanzo, le vicende sentimentali si intrecciano con quelle patrimoniali, e non c’è dubbio che le cose andassero (e vadano sovente anche adesso) su questa falsariga. Anche le conclusioni della narrazione, con le loro diversità e i loro intrecci, sembrano esprimere una rassegnazione di LT a questo dettato, sia pure con la sua riprovazione, perché egli preferirebbe veder l’amore liberato da ogni condizionamento: ma questo accade solo in altra, e minore, letteratura. Ma viene da pensare anche alla libertà della donna, perduta quando l’agricoltura diventò la più importante delle attività umane (vedi L’origine della famiglia, di Friedrich Engels), e che non è stata ancora riconquistata. Nel romanzo, l’unica importante eccezione è Helena Kuragina, donna libera, ma personaggio negativo per eccellenza.
Il destino
E qui non so più se sto traendo insegnamento dalle parole di LT, o se sto solo dicendo quel che penso io. Comunque, mi sembra che, secondo LT, ogni atto, ogni avvenimento trae origine da un passato, con una componente di libertà e una di necessità, e parimenti condiziona il futuro. In questo senso, il destino come viene comunemente inteso, semplicemente non esiste. E mai potrà accadere, secondo LT, che si possa giungere alla piena libertà di un atto, che sia disgiunto da una causa precedente che ha determinato la necessità che esso si verifichi. Secondo LT, l’essere umano si sente libero di fare le sue scelte, ma in ogni scelta c’è sempre una parte di necessità che indica o impone quella scelta: in ogni scelta c’è sempre una quota dell’una e dell’altra, libertà e necessità, quote che sono variabili da un caso all’altro, ma che sono sempre presenti entrambe. Anche per la scelta che sembra la più libera c’è sempre una quota di necessità, che può essere della specie più diversa, dalla fame all’amor proprio. Forse, il destino è l’inevitabilità delle scelte che si fanno in questo incrocio fra libertà e necessità.
Conclusione
Le pagine di questo capolavoro che riguardano le guerre napoleoniche e le grandi famiglie russe possono essere lette come quelle di un grande romanzo storico, ma non ci sono solo quelle: c’è anche quella parte che riguarda l’anima dell’uomo e la maturazione delle sue scelte. Queste pagine richiedono un’attenzione speciale, talmente speciale che a un lettore normale, quale credo di essere, resterà sempre il dubbio se abbia approfondito abbastanza e se abbia capito tutto quello che doveva capire. Ma, per fare il verso a FD, non mi pento di essere arrivato fin qui.