Le cose che bruciano

Romanzo di Michele Serra

Le cose che bruciano sono i ricordi, nella duplice accezione di quanto possono far male i ricordi e di come continuino a farlo anche dopo che li hai ridotti in cenere con una bella fiammata. Un mediocre uomo politico lascia il suo posto dopo la bocciatura di un disegno di legge da lui vagheggiato e i rifugia in montagna, dove comincia a coltivare zafferano. Lo tormentano i ricordi, e non tanto quelli della politica, quanto quelli della famiglia, in particolare della madre e della zia. Quando ha ormai incominciato ad adattarsi alla nuova vita, gli arriva in testa una tegola, che lo rimette ancora in discussione. Romanzo agile (Feltrinelli, 170 pp, 15 €), da leggere tutto d’un fiato.

Tre punti di particolare interesse:

“Potrei a questo punto fare una lunga digressione sulla mia idea che il mondo sia diviso, in linea di massima, in due sole classi sociali: i nobili e gli ignobili. E che questa divisione abbia poco a che fare con il sangue e con il censo. Ma sarebbe un discorso troppo lungo. Quasi tutti i discorsi, quando li faccio io, rischiano di diventare troppo lunghi.”

“Persino il bizzarro Dio di Beppe Carradine, con Spirito Santo incorporato e non certo (errore! gravissimo errore!) persona distinta, sarebbe in grado di perdonare in un attimo le nostre veniali debolezze – l’ira, l’invidia, l’avidità – e invece condannarci per aver dimenticato di essere stati, in vita, molto vivi. E molto fortunati se al caldo e ben nutriti.”

“Assurdo cocuzzolo per mia sorella è qualunque luogo situato, nel mondo, sopra il livello delle vie dello shopping. Dalle montagne del Tibet, monaci inclusi, alle prime alture prealpine poco sopra le fabbriche; dall’Aconcagua con i condor ai modesti montarozzi che circondano alcune grandi città: siamo comunque nella categoria dell’assurdo cocuzzolo. Se mia sorella incontrasse il Dalai Lama, gli chiederebbe che cosa accidenti ci fa, su quell’assurdo cocuzzolo.”

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