Vacanze in Trentino 2019

Folgaria e gli altipiani: paesi, boschi, castelli …

Folgaria, a venti chilometri da Rovereto, è la porta d’ingresso degli altipiani del Trentino, l’altopiano Folgaria Lavarone e l’altopiano dei sette comuni, o di Asiago. Non c’eravamo mai stati, neppure per una gita di un giorno soltanto, e ci siamo andati volentieri, all’hotel Golf di Folgaria, nella frazione di Costa, a circa 1200 m slmm, con l’intenzione di fare un po’ di vacanza da turisti e un po’ da escursionisti, senza disdegnare anche un po’ di vita d’albergo. Siamo rimasti molto soddisfatti, anche se la parte escursionistica è rimasta indietro, e probabilmente ci torneremo, perché di cose da fare e vedere ne sono rimaste molte. Buono l’albergo, pulito, silenzioso, ben attrezzato, solo con cucina a tratti un po’ pesante. Sotto, un elenco delle cose viste.

I Paesi

A parte Rovereto, che è città molto bella, e Folgaria, che è un paese gradevolissimo, abbiamo visto Levico, cittadina termale molto curata, San Sebastiano, paese solingo, e Luserna, al centro dell’enclave cimbra. Non ci siamo fermati, invece, nei paesi sul lago di Caldonazzo e non siamo arrivati fino a Trento, anzi, Tria, in lingua cimbra, né a Pergine, in Valsugana.

Il Comune e la Magnifica Comunità

Il comune di Folgaria si fregia del nome di Magnifica Comunità di Folgaria, su concessione arcivescovile di data e motivo incerti e sopravvissuto a livello popolare alle riforme volute dall’Impero Asburgico e alle rovine della Grande Guerra e del fascismo. Analoghe denominazioni si trovano anche in altri siti dell’area,

I boschi

Foreste di abeti, larici e faggi contornano i paesi degli altipiani. Questi boschi hanno subito molti danni prodotti dall’evento di fine ottobre 2018, la Tempesta Vaia che ha colpito particolarmente la val di Fiemme e l’altopiano di Asiago. Desta impressione vedere come quella tempesta abbia agito su aree sparse, quasi fossero numerose piccole tempeste, e non una sola. Non abbiamo visto le aree con i danni più gravi, ma in tutti i luoghi che abbiamo visitato c’erano grandi cataste di tronchi recuperati e spaventosi grovigli di radici, quelle degli alberi sradicati. A parte questo spettacolo desolante, i boschi degli altipiani sono comunque belli e meritano di essere visitati.

Le vigne
IMGP4203

Da quando i vini del Trentino hanno raggiunto la fama che meritano, la coltivazione della vite ha raggiunto cifre incredibili: la Vallagarina è completamente coperta di vigneti, che costituiscono una componente fondamentale del paesaggio, come in altre aree accade con i frutteti. La coltivazione a pergola, poi, ha una valenza estetica speciale.

Passo Sommo

Non ci si va tanto per vedere il passo, quanto per prendere la strada giusta: è a poco più di un chilometro da Costa, e si passa di lì per molte destinazioni. Non sono mai riuscito a capire se il sentiero dell’acqua partisse da lì, o da Carbonare.

Lago di Caldonazzo e lago di Levico
IMGP4168

Abbiamo dedicato un giorno alla visita dei due laghi, entrambi più grandi del lago di Lavarone e entrambi di origine glaciale, come si vede dalle morene che li chiudono verso valle. Il lago di Caldonazzo, in particolare, è il più grande del Trentino, fatta salva la parte trentina del lago di Garda. Per molti trentini deve essere stato il mare di casa loro, specialmente in passato. Quasi tutte le case sono basse, e anche gli alberghi lo sono, probabilmente per regolamenti edilizi comunali giustamente severi. Non è così il lago di Levico, che, nel suo piccolo, appare più spremuto, dal punto di vista turistico. Lo riscatta la cittadina termale, davvero carina. Sono belli anche i boschi e le vigne che li circondano e che sono fortunatamente intatti.

Lago di Lavarone

È un piccolo e delizioso lago generato dallo sprofondamento dei terreni di una vallata, meta di gite da non si sa quando, persino durante la Grande Guerra, e lo testimoniano le fotografie dei soldati austriaci in libera uscita. Ci siamo andati di domenica e ne abbiamo fatto il periplo in meno di un’ora, per dire delle sue dimensioni, ma la maggior parte dei visitatori se ne era già andata.

Museo del miele

Presentato pomposamente, mi è sembrato adatto soprattutto per gli alunni delle scuole elementari.

Centro Documentazione Luserna
IMGP4195

Qui, nel cuore dell’Alpe Cimbra, tutto è in tre lingue, italiano, cimbro e tedesco, salvo le indicazioni stradali, che omettono il tedesco. Il centro di documentazione annovera in primo luogo le sale dedicate alla storia, in particolare all’esodo delle popolazioni durante la Grande Guerra: sono rimaste per tre anni in Moravia o in Boemia e sono tornate poi in un’area passata dall’Austria all’Italia, distrutta dalla guerra; qui, hanno dovuto ricominciare da capo, con in più la difficoltà delle mine rimaste nel terreno e quella del fascismo che voleva italianizzare i Cimbri con metodi coercitivi. Bellissime sono le sale dedicate al merletto a fuselli, attività artigianale delle donne di Luserna, originatasi in Francia, a Cluny, portata a livelli straordinari e che vedeva nella Vienna imperiale la destinazione dei suoi manufatti. Ci sono infine le sale dedicate alla natura degli altipiani, in particolare alla fauna, con ambienti naturali sapientemente ricostruiti. Il posto d’onore spetta al lupo, che ha ricominciato a farsi notare in questi boschi. Vale la pena di trascrivere un detto dei Cherokee, molte volte citato a Luserna:

Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimenti, falso orgoglio, bugie, egoismo. L’altro è buono e vive di amore, speranza, generosità, umiltà. I due lupi lottano dentro di noi. Sai quale vince alla fine? Quello a cui tu dai da mangiare.

Forte Belvedere

È una fortezza che domina la val d’Astico dall’alto di circa 1200 m di altitudine, costruita dagli austriaci all’inizio del XX secolo in chiave anti-italiana. Partecipò attivamente alla Grande Guerra, subendo bombardamenti e assalti da parte delle truppe italiane, che non riuscirono mai a prenderlo, se non quando, a novembre del 1918, fu abbandonato dalla sua guarnigione, durante la rotta succeduta al crollo dell’Impero Asburgico e al trionfo italiano a Vittorio Veneto. Come il forte Sebastiano, ha una struttura disegnata per sfruttare le caratteristiche del terreno, per cui, visto da sud, è riparato da imponenti bastioni rocciosi, e visto da nord, rivela la sua natura di costruzione militare in pietra e cemento, fatta di torrette, caserme e locali di servizio in cui non mancavano il servizio sanitario, la stazione telefonica e la centrale elettrica. Dopo il restauro, il forte appare intatto ed è completamente visitabile, per un visitatore attento, in circa due ore.

Forte Sebastiano (o San Sebastiano)
IMGP4265

In origine denominato forte Cherle, mutò nome per non confonderlo con forte Verle nelle comunicazioni telefoniche del secondo decennio del XX secolo. Posto a quasi 1500 m di altitudine e costruito in forma e tempi analoghi a quelli del forte Belvedere, fu più volte bombardato dall’artiglieria italiana, ma mai attaccato dalla fanteria. Giace in stato di forte degrado e gli interni non sono visitabili, perché le coperture in cemento armato, spesse 2,5 m e intatte fino al 1938, furono allora demolite per recuperare il ferro.

Castel Beseno
IMGP4157

Anche il Castel Beseno, posto in basso a dominare la Vallagarina, a pochi chilometri da Rovereto, su uno sprone a cui si accede dalla valle sottostante con una strada stretta e in forte pendenza, ma non brutta, è una fortezza militare, e non ha mai rivestito ruolo di residenza gentilizia; la sua storia, però, ebbe inizio nel tredicesimo secolo. Verso il 1500 fu teatro della guerra con cui i Tirolesi respinsero i Veneziani e all’inizio del XIX secolo fu coinvolto nelle guerre di Napoleone contro l’Austria. Passato nel 1973 alla Provincia di Trento, è stato restaurato per quanto era possibile, rimediando parzialmente alla precedente incuria, che ha però avuto effetti pesanti sugli affreschi presenti in diverse sale. È comunque bellissimo sia per la struttura, sia per la posizione.

La torbiera

Il biotopo Ecken, a due passi da Costa, ha al centro la torbiera, un lago intermittente, quasi asciutto in estate. Si visita in un’ora e vale la pena farlo all’alba o al tramonto. I sentieri sono ben disegnati e permettono di vedere le parti importanti del biotopo senza mai uscire dal loro tracciato, come si conviene a un’area di elevato valore ambientale. Colpiscono gli odori dei fiori, che si sentono senza necessità di avvicinarsi ai medesimi e predominano su tutto. Purtroppo, molte segnalazioni sono danneggiate o mancanti.

Il giardino botanico di Passo Coe

L’abbiamo trovato chiuso, per gli effetti della Tempesta Vaia, che ha colpito anche quest’area, inficiandone le condizioni di sicurezza per i visitatori. L’abbiamo visto da fuori, quel che basta per capire che è un giardino straordinariamente bello, che fa leva sulla flora locale, ma presenta anche un orto dove sono coltivate le piante officinali di altre zone delle Alpi Carniche e le piante che hanno costituito le risorse alimentari delle popolazioni per molti secoli. Evidente già al primo sguardo la presenza di fenomeni carsici.

MART – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
IMGP4273

The last, but not the least, abbiamo visitato il MART, nella sua sede di Rovereto, ultimate nel 2002. In circa tre ore ne abbiamo visitato la metà, cioè la collezione d’arte contemporanea e metà di quella d’arte moderna, lasciando fuori dalla visita le mostre e le installazioni temporanee. Avevamo già visto alcune delle opere esposte nella nostra visita alla Fondazione Magnani-Rocca, a Traversetolo. Ma la cosa più bella è la sede museale stessa, aperta e luminosa, dove le opere sono molto meglio fruibili che altrove.

Post Correlati