Quo usque?

Cracker? Hacker!

Se mescolo il neologismo e l’eco lontana, l’inglese e il latino, non è per sfoggio di cultura, ma per ribadire che capisco bene cosa vuol dire “Quo usque?” (Fino a qual punto?), mentre non ho un concetto altrettanto chiaro di cosa significhi hacker. L’onnipresente Wikipedia dice che “dal punto di vista informatico, non è da confondere con i cracker, o pirati informatici, il cui scopo è prettamente violare e danneggiare un sistema, cui si riferisce impropriamente il mondo giornalistico con il termine hacker”. Dovremmo quindi parlare di cracker, anche se sorge qui l’ambiguità con il biscotto salato derivato dalle gallette dei marinai. Una volta liberatici di tutti questi dilemmi lessicali, e riaffermato che si parla di hacker nell’accezione di pirata informatico, sorge appunto la domanda: quo usque? Fino a qual punto la pirateria informatica potrà fare danni? L’ultimo episodio avvenuto in Italia è quello del registro elettronico delle scuole, ma si è parlato molto dell’intervento di pirati nelle elezioni di vari Paesi e in azioni di spionaggio di ogni genere, compreso un ingresso, forse non voluto, nei sistemi del Pentagono. E allora viene il dubbio se (quando?) qualcuno, magari senza intenzione, farà partire un missilino che darà il via alla catastrofe nucleare. Se, come dicono, il registro elettronico può essere stato violato da uno studentello qualsiasi, viene da chiedersi come mai siamo ancora qui, come mai quel missilino non sia ancora partito, se i sistemi militari godano di livelli migliori di sicurezza o se la nostra permanenza in vita dipenda solo dal caso. Speriamo di non saperlo mai, ma nel dubbio, sarà bene che i sistemi informatici di tutto il mondo vengano migliorati per tutto quello che concerne la sicurezza, loro e nostra.